L’importanza dei toponimi popolari e la storia patria
Una lunga conversazione con un amico mi ha suggerito di ritornare su un argomento, sul quale abbiamo discusso, con la redazione di “Confronto”, in occasione del varo della Commissione per la toponomastica cittadina di Acri.
La conclusine di quella riunione fu messa sulla carta dal compianto Giuseppe Fiamma (Acri – Toponomastica – Recuperare la memoria urbana, a. XVIII, n. 7, pp 1-6).
Un aspetto, sul quale eravamo tutti d’accordo, riguardava la toponomastica popolare. Ne sostenevamo l’importanza a livello storico e documentario; e proponevamo di segnare il nuovo toponimo e la precisazione: “già …”. Il suggerimento non fu accolto, ma ribadiamo: era di enorme importanza. A conferma di tutto questo facciamo qualche esempio.
Fra i giovanissimi, chi ricorda a quale luogo cittadino si riferisce ‘A Ritunna (La Rotonda) e, perché, soprattutto, il motivo di tale denominazione?
Vincenzo Padula sostiene che in quel luogo vi fosse stato uno dei tempi pagani, avente forma rotonda. Un esempio è il tempietto di S. Pietro in Montorio, che si ammira in Roma. Ovviamente, il tempio sarà stato riattato a chiesa dai cristiani e caduto col tempo, non se ne sono conservati nemmeno i ruderi. Quanto vi sia di vero sul tempio pagano si può vedere nel tempio di S. Maria la Rotonda che esisteva in Bisignano.
Gaetano Gallo fu Carlo ne scrive sul n. 4 di Brutium del 1940. L’articolo, apparso sul periodico reggino, ha per titolo “Ricordo di un tempietto romano-bizantino a Bisignano”.
Gli anziani, malgrado non esistesse più, lo ricordavano come “Madonna tunna”.
Ecco la descrizione: “Originariamente fu un tempietto pagano, rotondo, onde il blasone popolare, a volta sferica e sormontato da una cupoletta, in seguito, pur mantenendo la primitiva struttura, durante il periodo bizantino fu rimaneggiato (sec. IX-X) ad opera del vicino convento basiliano”.
Informa Gallo che “vi si venerava una Madonna, ed un sacerdote vi celebrava la messa”.
La descrizione del tempietto ci ricorda quello romano citato in apertura e così doveva essere quello esistente in Acri nel luogo che il popolo, malgrado non ve ne fosse più traccia, continuava a chiamare ‘A Ritùnna (Il tempio rotondo). Padula, a conferma delle sue argomentazioni dice che l’area che va dalla Rotonda alla fontana di Pombio era un’area sacra per Greci e Romani.
Cancellare il toponimo, come si è detto, significa fare sparire dalla memoria un frammento di Storia locale su cui indagare.
I toponimi, perciò, ci danno notizie, dalle quali partire per scrivere la Storia, non quella del copia incolla, ma quella, che ha alla base la ricerca seria, che va da quella sul campo a quella d’archivio e bibliografica.
Ricordo che, nel 1970, partendo dai toponimi popolari: Grange e ‘Ternità, riuscii a ubicare il monastero Cistercense della SS. Trinità de Ligno Crucis, dove si rifugiò l’abate Gioacchino da Fiore, inseguito come eretico. Da precisare che sul terreno non esisteva e non esiste traccia evidente del citato cenobio.
Così troviamo in vari documenti il riferimento a Cava dell’erario (vicolo dove era insediato l’ufficio per la riscossione delle tasse), ma nella toponomastica non c’è traccia; come non ce n’è della Judeca (Giudecca), dove gli ebrei vissero dal 900 d. C. (circa) al 1511.
Potremmo continuare, ma, forse, quello di ricostruire la storia locale è solo una mania che ha preso e prende chi ha tempo da perdere come me.
Nel concludere ringrazio l’amico, che mi ha suscitato queste precisazioni o, se volete, questo sfogo, sicuro che resterà tale e nessuno cercherà di salvare i toponimi cittadini e la loro storia.
Giuseppe Abbruzzo