Il vescovo contro la moda, ma…

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Le nostre donne, fino ai primi decenni del secolo scorso vestivano, nella maggior parte, se non nella quasi totalità, il costume tipico.

Le vesti le coprivano fino alle caviglie. Va detto, però, che le scollature a V o quadrate erano rivoluzionarie e facevano intravvedere la bellezza del seno.

Negli anni ’30 le donne cominciano a smettere quegli abiti e adottano via via l’uso corrente di vestire, che si vedeva in tutta l’Italia.

Mons. Moscato, vescovo di Bisignano, quello che bandiva il peccaminoso cinematografo dalle feste, non poteva restare impassibile di fronte a tanto. Non poteva proibire il nuovo modo di vestire a tutte le donne, ma a quelle dell’Associazione Cattolica sì.

“Abbiamo sempre raccomandato alle Associazioni di A. C. la santa Crociata della purezza, e la raccomandiamo ancora perché sia crociata intessuta di esempio, di preghiera e di propaganda, per illuminare le anime e trarle al candore e alla santità del costume cristiano”.

In modo particolare intimava: “s’imprenda una vigorosa crociata contro la moda inverenconda che ha invaso perfino la popolazione campagnuola”.

Per il prelato le donne campagnuole non dovevano emanciparsi!

Dato quanto surriportato si intimava: “Si dia perciò, anzitutto, chiaro e luminoso esempio di onestà nel vestire e dopo si dedichi alla santa crociata tutto il fervore della preghiera e della propaganda collettiva e individuale”.

Dispiace non trovare, in tante raccomandazioni il suggerimento per un modo di vestire come aveva in mente il vescovo. Precisa, però: “Scandalo più grave, bestemmia più esacranda sarebbe se quelle tali sorelle e nipoti che abitano spesso nelle stesse case parrocchiali e vivono, purtroppo, a carico, a delizia, a somma cura dei reverendi fratelli e zii, vestissero, come talvolta avviene con manifesta indecenza”.

Avete capito bene il clero il “problema” l’aveva in casa. Forse il discorso generale serviva, per finire in questo particolare. Così il vescovo considera: “Questo assurdo della vita, con immenso disdoro del ministero pastorale, frusterebbe evidentemente i tentativi di ogni serio, coerente e dignitoso apostolato, scoprirebbe nel Parroco la figura di fra Vituperio che predicava castità”.

Il problema era stato preso alla larga, come suol dirsi. Che sia così si coglie dal passo successivo, dove si paventano provvedimenti: “Ci costringerebbe, per grave dovere di coscienza, a prendere, senza più dilazione, quei provvedimenti disciplinari che si rendono necessari per rendere il clero curato libero della schiavitù compromettente della famiglia che asservisce alla casa il prete e la Chiesa”.

Il problema, per il vescovo era di non poco conto e si augurava “Che ogni sacerdote possa affermare con tranquillità e sicura coscienza: Non acquievi carni et sanguine!”.

Cosa era stato rapportato al vescovo? A quali sacerdoti faceva riferimento? Prese le misure che minacciava?

Un prete, però, può essere responsabile di come vestivano le nipoti?

Intanto, ritornando sulle generali, l’afflitto prelato scrive: “Tutti i sacerdoti poi si ricordino di negare l’assoluzione sacramentale e la S. Comunione alle persone che si presentano a riceverle, non decentemente vestite, e con prudenza e fermezza procurino che le stesse persone non profanino con la moda invereconda la casa del Signore”.

Forse i contemporanei avrebbero voluto che si colpissero i responsabili. Per farlo, però, bisognava avere coraggio e allora era preferibile fare un discorso sulle generali.

Una domanda ci frulla nel cervello: – Il Beato Francesco Maria Greco denunciò ripetutamente la degenerazione del clero. Cosa si fece? -. Il risultato fu la reazione contro il Beato, da parte del clero degenere, che continuò a rimanere al suo posto. Non ci risultano provvedimenti.

Va precisato che il Beato scriveva in epoca precedente a quella del vescovo Moscato.

Giuseppe Abbruzzo

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