Il guano della Grotta della monaca

In Sant’Agata d’Esaro si trova la Grotta della monaca.

Il dott. Michele Giunti a fine 1800 scrive “Del guano di pipistrelli e specialmente di quello esistente in una grotta in Sant’Agata d’Esaro”.

Tanti dei nostri lettori non avranno notizia del suddetto scritto, perciò ne riportiamo quello che costituisce “curiosità”.

“Del guano di pipistrelli calabrese – scrive Giunti – mi parlò prima un proprietario di Santagata d’Esaro (Prov. di Cosenza. Circ. di Castrovillari), il Signor Traboni. In seguito mi son recato io stesso nella grotta che lo contiene, sita su di un monte, che sovrasta il Villaggio. A tal grotta vien dato il nome di Grotta della monaca, a causa di alcune stallattiti, in essa contenute, che l’immaginazione, piuttosto fervida, di quei montanari, trova rassomiglianti a delle monache”.

Al dott. Giunti interessava, però, il guano giacente nella grotta e non dà altre notizie.

“L’ampiezza di detta grotta, e però la quantità di concime che contiene – continua -, è difficilmente constatabile, perché essa è divisa in molte camere, a cui spesso è impossibile l’accedere. Lo strato di guano poi non è uniformemente spesso, variando dall’altezza di circa un metro a quella di pochi centimetri”.

Ci tramanda, inoltre: “Dalla volta della grotta pendono gran numero di stalattiti, e gocciola acqua, che rende il guano sottostante di consistenza pastosa.

Raccolsi un campione del guano, che poi, disseccato all’aria e polverizzato mi servì per farne l’analisi”.

Egli trascrive l’esito di quell’analisi, che sarebbe tedioso riportare. D’altra parte interessa solo agli studiosi e non a quanti leggono per curiosità.

Lo studioso, però, ci dà un’interessante notizia, riguardo a quel guano: “si vede essere esso un concime abbastanza ricco; e dippiù, contiene le sostanze fertilizzanti nelle proporzioni approssimativamente opportune alla coltura del frumento. Contenendo inoltre delle sostanze organiche difficilmente decomponibili, i terreni a cui tal concime venisse somministrato, ne sentirebbero il beneficio anche negli anni successivi”.

L’autore conclude il breve studio col dire: “In Italia, e specialmente nelle Prov. Meridionali poco o punto vantaggio si è tratto dai concimi molto ricchi, che in paesi in cui l’agricoltura è più sviluppata, s’importano su vasta scala con profitto grandissimo di chi li adopera. L’industria dei trasporti, non abbastanza sviluppata, e la deficienza di capitali, giustificano, in parte, questa mancanza della nostra agricoltura: ma niente giustifica la negligenza di non servirci di un ottimo concime, il cui deposito trovasi quasi nei nostri campi stessi”.

Precisa, infine: “L’esperienza ha mostrato che le grotte contenenti guano di pipistrelli, di raro sono isolate; perciò si potrebbero fare delle ricerche in Calabria, e nelle provincie finitime, onde scoprirne delle altre, e stabilirvi un’industria per l’estrazione del concime un po’ in grande. Intanto gli Agricoltori di Santagata d’Esaro potrebbero trar vantaggio del deposito che trovasi nel loro territorio”.

Non sappiamo se nel suddetto paese raccolsero il suggerimento.

A noi interessa avere scovato una delle tante curiosità.

Giuseppe Abbruzzo

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