Una cena davvero illuminante
I primi del mese di giugno, dopo la riapertura dei ristoranti anche al chiuso, siamo stati invitati da alcuni amici ad una cena. Sapevamo che ci sarebbero stati altri convitati che non conoscevamo, per cui ci siamo apprestati all’evento con lo spirito positivo di chi vuole conoscere altre persone. All’arrivo avvertiamo un certo disagio che non riuscivamo a spiegarci. Man mano che si procedeva, il disagio aumentava e, lentamente, ne percepivamo anche i motivi, inizialmente maldefiniti.
Tra i convitati c’era un ex alto funzionario nel settore terziario, un altrettanto alto funzionario statale, un imprenditore e due liberi professionisti.
Capiamo subito di trovarci in minoranza e cerchiamo intenzionalmente di evitare argomenti di politica. La politica, però, è un tema assai vasto e generico che si confonde e mescola con tanti altri, per cui, gradualmente, partendo dalla sanità (argomento in cui sono stato praticamente trascinato), siamo gradualmente giunti a definire le rispettive posizioni e i punti di vista di ognuno. L’alto funzionario di banca ha cominciato con una sviolinata nei confronti dell’attuale presidente del Consiglio e un attacco a testa bassa nei confronti dei 5 stelle, rei di avere introdotto provvedimenti “scandalosi” come reddito di cittadinanza, quota 100, etc. Cerco disperatamente di cambiare argomento, ritornando sul menù della serata, esaltando la bontà della paniscia (piatto tipico novarese a base di riso, verdure cotte e salame) e cercando di attirarmi l’appoggio di qualche commensale autoctono, dicendo persino di preferirla alla “panissa” (varietà vercellese, che si distingue dalla prima per avere meno verdure). Il tentativo mi permette una divagazione non superiore a 10 minuti, dopodichè l’argomento riprende da dove si era interrotto. Tirato per la giacca per esprimere una posizione, cerco inizialmente di divagare, esprimendo punti di vista generali ed evitando di scendere nelle valutazioni specifiche dei singoli uomini o partiti. Anche perché, se si votasse domattina, confesso di non sapere per chi voterei. Il panorama politico attuale è così desolatamente omologato, che risulta realmente arduo scegliere e prendere una posizione da difendere con convinzione. Fallito il tentativo di etichettarmi, si prova a scendere su argomenti specifici, sui quali pure, inizialmente, cerco di glissare. Quando, però, uno dei commensali comincia con l’esaltare il modello sanitario lombardo, difendendo il “martire” Formigoni, ho uno scatto di orgoglio, che mi ha ricordato la scena bellissima di un film dei primi anni ’70 con Nino Manfredi, dal titolo “Pane e cioccolata”: in quella scena, Manfredi, emigrato in Germania, entra in un bar per vedere la partita Italia-Germania, camuffato con capelli tinti color biondo, borsello e giacca di pelle, in modo da non farsi riconoscere. Nel momento in cui la nostra Nazionale va in vantaggio su quella tedesca, Manfredi non resiste ed esulta, sbottando contro tutti gli astanti, che gli saltano addosso e lo cacciano dal bar. Dopo una breve pausa per riprendere fiato e cercare di mantenere un certo aplomb, esordisco col dire di non essere tra quelli che ritengono l’ex governatore lombardo un martire e che personalmente non gli avrei restituito un vitalizio da 7.000 euro, che suona quasi un premio. Relativamente a quello che loro ritengono come “il governo dei migliori”, dico senza mezzi termini di non condividere questo loro giudizio e di ritenere che questo attuale gabinetto si stia reggendo sul lavoro fatto dal precedente, che ha mantenuto nei ministeri chiave gli stessi uomini. Divento un fiume in piena, proseguendo nel dire che il modello lombardo altro non è che un sistema per premiare una sanità privata e ridimensionare fortemente un pubblico che funzionava e che si è visto ridurre sensibilmente spazi e posti letto, al punto che, alla prima emergenza, la regione si è trovata in forte difficoltà. Continuo dicendo di non avere votato 5 Stelle ma PD ma di ritenere Giuseppe Conte (defenestrato da una congiura di palazzo, facendo perno su un partitino del 2%) uno dei migliori presidenti del Consiglio degli ultimi 30 anni. Silenzio e gelo calano nella sala: il bancario mi guarda fisso negli occhi e poi dice: “ma lei è un comunista, allora!”. Anche in questo caso, provo un senso di liberazione nel dire di esserlo stato, di avere pianto il 10 giugno del 1984 quando è morto Berlinguer. Proseguo dicendo che il mio percorso politico è stato sempre a sostegno del centro-sinistra ma che attualmente non mi riconosco nel PD, ritenendolo un artificio che non mi rappresenta, frutto di una emulsione fra due forze eterogenee e che le varie anime hanno finito per renderlo asfittico e incapace di riprendere e sostenere temi cari a una Sinistra illuminata. In definitiva, si votasse domani, ho continuato, se Conte facesse una sua formazione, gli darei fiducia.
Confesso di essere per una sanità pubblica, che sia uniforme su tutto il territorio nazionale e che la salute e la scuola non debbano essere campi nei quali l’interesse prioritario debba essere il profitto o il bilancio attivo. La priorità, in questi campi, dovrebbe essere un servizio efficiente, in grado di dare risposte, senza sprechi ma neanche ricercando la quadratura dei conti ad ogni costo.
Mi addentro per un attimo affrontando altre tematiche, da quelle dell’accoglienza, alla tutela di chi è più debole, siano essi anziani, donne, disabili o cosiddetti “diversi”, dichiarandomi a favore, fra l’altro, del disegno di legge Zan.
Cala nuovamente il gelo. A questo punto, sono gli altri a cambiare argomento. Si riprende a parlare di paniscia, di “salam de la duja”, di barbera e bonarda. Ognuno, visivamente contrariato, cercava di arginare l’ectoplasma, sperando di arrivare presto al dolce.
Quella cena è stata nient’altro che una rappresentazione dell’attuale situazione italiana, nella quale la maggioranza è rappresentata da gente i cui interessi sono sostanzialmente diversi da quelli generali e che ritiene il privato e la difesa di interessi settoriali prioritari su tutto il resto. Ritiene i più deboli, i diversi, chi sta male o fugge da fame e disperazione, un problema da non porsi. Ciò che è ancora più amaro è la conclusione che, si votasse domani, queste posizioni sarebbero dominanti.
Massimo Conocchia