Ancora sul DDL Zan

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Uno dei temi più dibattuti e discussi del DDL Zan, riguarda l’art. 7.

Con la proposta, il legislatore intende istituire il 17 maggio quale giornata contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia.

In occasione della ricorrenza, dovrebbero essere organizzate cerimonie, incontri ed ogni altra iniziativa utile per la realizzazione degli obiettivi che la celebrazione si propone, ovvero quelle di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione, nonché di contrastare i pregiudizi e le discriminazioni e le violenze motivate dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere.

In questa ottica, le scuole, implicitamente di ogni ordine e grado, nel rispetto del piano formativo triennale previsto dalla legge e del patto educativo di corresponsabilità, dovrebbero provvedere a compiere attività dirette al conseguimento degli scopi voluti e perseguiti.

Devo ammettere, che ciò che mi ha colpito della proposta non èl’opportunità, sicuramente sviluppata in forma assolutamente sbrigativa in termini di tecnica e contenuto legislativo, di integrare, da parte della scuola, il diritto-dovere dei genitori di educare i propri figli su dimensioni cosi importanti quali la sessualità e la sua manifestazione individuale e sociale, ma il modo con cui questa integrazione funzionale viene immaginata.

Infatti, il DDL Zan non si è posto il problema di valutare e quindi fissare, con la dovuta attenzione, le modalità e gli strumenti con i quali trasmettere, in funzione educativa, quei principi di uguaglianza, tolleranza e di rispetto verso persone ritenute diverse in maniera singolare e nella sostanza dallo stesso disegno di legge, ma ha rimandato ad un semplice giornata di celebrazione, il perseguimento della garanzia del rispetto della cultura desiderata.

Francamente, e lo dico da padre, mi sarei immaginato o quantomeno augurato, che il progetto di formazione a questi temi potesse avvenire, nelle scuole, attraverso processi più strutturati, legati ad un insegnamento approfondito delle varie e sicuramente trasversali questioni connesse.

Sono questi temi fondamentali, necessariamente da trattare con la debita serietà e completezza.

Immaginiamoci quale incognita possa avere su un alunno, di ogni età cosi come è stata disegnata la norma, il parlare e discutere, semplicemente per un giorno, di questioni cosi importanti per la sua crescita individuale, senza garantirgli quella giusta e corretta dimensione conoscitiva, condizione solo questa che può assicurare un consapevole sviluppo singolo in ragione anche del rispettodella dimensione collettiva.

Invece, viene lasciata ad una commemorazione, l’ambizione del raggiungimento di questi scopi.

Mi sembra un po’ poco.

Forse, nell’attuale momento storico, dove forte e visibile è la propensione all’affermazione acritica ed ideologica del fatto politico, è più importante “piantare le bandierine” che preoccuparsi di come i nostri figli, i veri soggetti da tutelare quando si discute di loro, vengono accompagnati, nel loro sviluppo pedagogico, fermo il diritto universale dei genitori di educarli ed istruirli, ad una corretta e profonda conoscenza di sé eformazione di una cultura dell’eguaglianza e dell’inclusione.

Angelo Montalto

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