E’ tempo di (ri)nascere

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Ho scritto un articolo su questo argomento 30 anni fa, sul periodico “Confronto “. Oggi mi trovo nella stessa condizione psicologica di allora. In quel periodo, però, non c’era una pandemia mondiale e avevo anche meno capelli bianchi.

Ora, come allora, voglio andare oltre, scrivendo parole che navigano verso i lettori che, leggendo, provano a ri-conoscersi.

Da più parti sentiamo dire che dobbiamo imparare a convivere con la presenza del covid-19. A più di un anno dall’inizio della pandemia questo, forse, è il momento più difficile, più faticoso.

Quello in cui anche le energie cominciano a venir meno. Siamo ancora in piena battaglia e tutto sembra essersi fermato, appannato.

Dovremo stare ancora al buio?

Se ci pensate bene, l’inizio della vita avviene nel buio e nel silenzio. Nell’oscurità della terra il seme comincia a germogliare. Nel  ventre si sviluppa un essere vivente, l’uomo, l’animale.

E’ bello pensare che questo buio non sia qualcosa di ostile. Non è un nemico, ma qualcosa che, forse, chiede soltanto di essere abbracciato.

Cominciamo, dunque, a immergerci in esso un poco alla volta. Come quando entriamo in mare, in punta di  piedi e avvertiamo quel brivido lungo la schiena.

Dobbiamo cercare di capire e interpretare questo periodo di grande incertezza e nebulosità. Possiamo evocare e sognare il futuro in modo che anche il presente possa migliorare, godere nel  tentativo di aprire fessure di luce.

Allora questo tempo deve essere “risignificato”. Il tempo e lo spazio sono contenitori vuoti da dover riempire. Rappresentano la dimensione in cui tutti siamo stati catapultati,  che ci ha messo di fronte al grande compito di “ridare valore al tempo”.

Ho acquisito  la capacità di stare nel dubbio, nell’incertezza, senza l’impazienza di correre dietro ai fatti. E’ ciò che tutti noi impreparati ci troviamo ad affrontare in questo momento, in modi e tempi diversi. Abbiamo perso qualcosa di noi stessi. Qualcosa che, però, possiamo ritrovare nel tempo dell’attesa, non correndo o avendo fretta, non inseguendo le emozioni spiacevoli, ma ritrovando e praticando i valori che ci appartengono.

Questo tempo di travaglio ci porta davanti all’urgenza di vegliare su noi stessi: scegliere chi siamo, come pensiamo e come agiamo. Non è facile. Non lo è per nulla. Abbiamo tutti inimicizia con il tempo.

In un salone di coiffeur di Acri si legge: “Concedersi del tempo per prendersi cura di se stessi è il vero segreto della bellezza”. Vero.

La prima cosa da fare, dunque, è puntare la telecamera su di noi, come ho scritto nel precedente articolo (https://www.acrinews.it/2021/04/24/la-magia-del-contatto-seconda-parte/). Mi guardo intorno, senza aspettarmi niente. Cerco consapevolezza. Penso sempre meno. Così il disagio durerà pochissimo. Non cerco mai di rimettere le cose a posto: le lascio come sono. Prima o poi arriverà un segnale, un incontro, qualcosa che si affacci al mio sguardo.

Occorre diventare intimi amici di noi stessi. Il primo passo è quello di cercare il silenzio. Saper fare silenzio non è solo questione di tenere la bocca chiusa: è il rallentamento delle opinioni, dei giudizi, dei ragionamenti. Credo che ognuno di noi in certi momenti della vita sia riuscito a cogliere questa dimensione più profonda, ritrovandosi così più vicino a se stesso.

Il silenzio chiede uno sforzo, non per eliminare i suoni, ma per recuperarli. Il silenzio è necessario per liberarci dalle troppe parole inutili, indebolite, fiaccate, per depurarci dai rumori che si sono abbarbicati come una pianta infestante dentro di noi. Serve per restituirci e per ritrovarci.

In quest’ottica credo che il silenzio abbia un duplice valore: è la strada per raggiungere il contatto con la parte più vera di noi e, allo stesso tempo, è sintomo del contatto raggiunto.

Perché in certi momenti non hai proprio voglia di parlare. Ti ascolti, ti basti. Se non sei capace di creare silenzio e solitudine, corri il rischio di vivere male anche il tuo rapporto con gli altri, confondendo la verità con le tue opinioni e l’affetto con il possesso.

Quindi crea uno spazio ogni giorno dentro al quale, da solo, puoi rallentare, ascoltare. Ne sarai ripagato. Perché se tace il tuo io qualcosa di Altro farà sentire la sua voce in te.

“Ogni giorno dovremmo cominciarlo con piccoli esercizi di ammirazione, di riabilitazione alla gioia. Istituire una sorta di capodanno tra un giorno e l’altro, tra un’ora e l’altra. Dobbiamo scendere molto in fondo a noi stessi e rimanere ben saldi in superficie assieme agli altri. Senza tenere insieme questi due movimenti non c’è intensità, non c’è bellezza”. (Franco Arminio)

La notte non porta altra notte, porta l’alba di un giorno nuovo. In questo periodo di buio si sviluppa una nuova vita, la nostra. Dobbiamo nascere come se fosse la prima volta. Serviranno un grande sforzo e fatica. In quel momento di passaggio alla luce c’è spavento, ma anche stupore.

E’ quello che deve succedere a noi, anche con un po’ di rischio. Dobbiamo rivedere il nostro stile di vita, cominciare a fare spazio dentro di noi ad altri progetti, ad altri pensieri.

Questo periodo non è paragonabile ad un terremoto, in cui dobbiamo ricostruire, rifare le stesse cose. Rivolgiamo lo sguardo verso tutto ciò che non abbiamo guardato intensamente. Ricerchiamo il significato  delle cose, dando valore ai piccoli gesti di ogni giorno.

Pensate un attimo: quando noi ci svegliamo, che cosa viene con le prime luci dell’alba, che cosa succede in realtà nella nostra vita? Una cosa molto semplice, quasi banale. Ci viene incontro la luce, che serve per poter vedere.

Io credo che un passo importante e più urgente è quello di aprire gli occhi e sviluppare i sensi interiori. Bisogna vedere con la propria interiorità. Dunque, quando ci svegliamo, lasciamoci toccare dalla luce che ci viene incontro.

Elena Ricci

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