A proposito del saggio su Fausto Gullo di Giuseppe Pierino

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        Ancora fresco di stampa, ho appena finito di leggere il saggio di Giuseppe Pierino:  

“ Fausto Gullo un comunista nella storia d’Italia” con prefazione di Aldo Tortorella, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 2021; un corposo lavoro di scavo di oltre 280 pagine non solo sull’opera della figura politica del personaggio ma anche sulla storia d’Italia dall’avvento del fascismo alla nascita dello Stato repubblicano lungo il suo faticoso cammino attraverso le varie peripezie tra cui venne a costituirsi.

Il lavoro di Pierino analizza tutto il percorso politico e umano di Gullo con una analisi capillare, larga e puntigliosa, sostenuta sempre da rimandi documentali, riportati in copiose note che spesso occupano intere pagine, rendendo così il testo di non facile lettura ai non addetti ai lavori.

Ma al lettore armato di buona volontà viene offerta una panoramica davvero completa e puntuale della grande statura del Gullo politico, del ‘Ministro dei contadini’, nonché dell’uomo nei suoi rapporti con il mondo degli umili, a cui rivolse sempre particolare attenzione con atteggiamenti di grande rispetto, una caratteristica, questa, che faceva di lui un autentico ‘signore’, scevro di qualsiasi paternalismo, che nei suoi tempi caratterizzava il costume di gran parte dei politici provenienti dalla piccola nobiltà di provincia, alla quale pure egli apparteneva.

Pierino mette in risalto queste qualità senza cadere nel manierismo adulatore di chi scrive per erigere monumenti di cartapesta. In questo lavoro Fausto Gullo viene raccontato nelle sue infinite lotte per l’emancipazione non solo della sua terra, della sua Calabria, del suo altopiano silano, per il quale nutrì sempre ancestrale amore, ma anche nell’opera indefessa che egli portò avanti nella complessa, difficile ricostruzione della nuova Italia repubblicana. In quest’ultima battaglia la personalità di Gullo emerge in tutta la sua possanza, come statista, giurista raffinato e politico di prima grandezza, che si muove nelle piazze e nelle aule parlamentari con un carisma ed una competenza di primo piano; in questo ruolo tiene testa e si impone a personalità come Togliatti, De Gasperi, Bonomi, Salvemini, Bordiga, Croce, per citarne solo qualcuno.

E Pierino, in questo lavoro certosino, segue passo dopo passo la presenza esemplare, fattiva di Fausto Gullo nei vari momenti storici, e lo fa con maestria e singolare rigore scientifico come nessun altra ricerca aveva fatto prima.

Gullo così, con abbondanza di documentazione bibliografica, criticamente utilizzata e offerta di volta in volta al lettore, viene colto nella coraggiosa battaglia, sia pure persa, a favore di una sola camera parlamentare, come nel coraggioso smascheramento dell’ambiguità della DC nei confronti  degli ambienti fascisti, come asserirà in un suo intervento del 23 luglio del ’44.

Nello stesso modo Pierino ci presenta il personaggio nella sua incisiva opera di denuncia degli ambigui rapporti di una parte della DC e della Chiesa con gli ambienti monarchici, a favore di questi ultimi nella decisiva battaglia referendaria per la scelta dell’assetto repubblicano. 

Parimenti il saggio di Pierino offre al lettore, con grande forza evocativa, una figura di Gullo che, come Ministro di Grazia e Giustizia, viene lasciato solo, anche dal suo Partito, sia nello scontro con la Magistratura, che tende a stravolgere lo spirito dell’amnistia nei confronti dei maggiori responsabili del fascismo, che in altre occasioni, come quella della strage di Portella della Ginestra, di fronte alla quale Gullo, senza mezzi termini, nel dibattito parlamentare parlò del bandito Giuliano come emissario della politica di Truman, tendente a fare dell’isola terra di influenza americana con la complicità di una parte della DC e della mafia, scontrandosi con Scelba, il quale, spudoratamente, sosteneva in Assemblea  che “gli omicidi siciliani non possono essere considerati un atto politico”, bensì un episodio isolato e circoscritto.

In tutte queste battaglie Gullo, come viene fuori dalla raffinata ricostruzione di Pierino, spesso, troppo spesso è lasciato solo dal Partito, in una specie di limbo, dove la sua voce, pure adamantina e sorretta da serio spessore culturale come pochi altri potevano vantare, si perdeva come in un deserto. Avvenne così anche quando egli pose all’attenzione l’affollamento delle carceri, il vergognoso furto di Stato delle matrici per la stampa della nuova moneta, in sostituzione della lira, che avrebbe colpito i grandi patrimoni.

L’isolamento intorno a lui si verificò anche quando sostenne la parità fra uomo e donna, il ripristino della giuria popolare in Assise, e manifestò la sua perplessità e scetticismo nella istituzione delle Regioni.

Pierino poi, analizzando l’acume e la capacità teorica di Gullo in materia di teoria giuridica, ne mette in luce la portata come membro del Comitato di redazione (cosiddetto dei 18), che nell’Assemblea aveva il compito di predisporre, coordinare e stendere i testi della Carta Costituzionale; in quella sede Gullo diede il meglio di se stesso precisando che la Corte Costituzionale deve giudicare non la ‘legittimità’ ma ‘l’illegittimità’ delle leggi votate dal Parlamento, perché solo così si sarebbe evitato il conflitto fra i due poteri, e si sarebbe assicurato il primato del potere legislativo; una escamotage, questa, che dimostrava ancora una volta tutta l’originalità del pensiero di Gullo come studioso e teorico del Diritto. Su tale primato di Gullo, il medesimo Pierino opportunamente riporta un giudizio di Alessandro Natta, il quale ebbe modo di asserire che “Non c’è stato fatto politico che non lo abbia visto protagonista”. Con il medesimo giudizio, di grande considerazione per la statura del nostro personaggio, si esprime il senatore Spezzano nei suoi discorsi parlamentari, dove asserirà: “Ad ogni suo intervento tutti i settori, alla Camera e alla tribuna stampa, risultavano affollati come mai”.

In queste sintetiche note preme ricordare infine che bene ha fatto Pierino a stigmatizzare, sia pure con il sorriso in bocca, il vergognoso silenzio che il ‘grande Partito’ fece cadere sulla figura dell’uomo, dello studioso e del Politico di ‘Macchia’ in vita come dopo la scomparsa.

A questa ‘damnatio memoriae’ forse contribuì non poco la forte convinzione del politico calabrese secondo cui nessun avanzamento civile è possibile senza la reale partecipazione delle masse, precisando a tal proposito che il Partito da ‘strumentale’ non doveva diventare ‘fine a se stesso’, come stava purtroppo già avvenendo. Su tale problematica intervenne anche con un articolo, che inviò a ‘Rinascita’ per essere pubblicato, ma il ‘grande’ Amendola lo censurò e il pezzo non uscì; Gullo non ne fece un dramma, e con il suo solito equilibrio e saggezza tirò innanzi fino alla fine.

A conclusione di questa sintesi sulla pregevole opera di Pierino, mi piace concludere con un ricordo personale su Gullo: egli, chiudendo con il suo impegno politico nella sede della Federazione del partito di corso Mazzini a Cosenza, salutò la grande folla dicendo: “Cari compagni, Il socialismo è come un treno in corsa che non si ferma mai, anche se c’è sempre chi scende e chi sale”.

Un messaggio di speranza, questo, rivolto al futuro dell’Italia rinata dalla guerra e dalla Resistenza, a cui l’uomo, lo studioso e il politico Gullo aveva partecipato generosamente dando il meglio di se stesso.

Un grazie a Giuseppe Pierino per avere riportato all’attenzione soprattutto dei giovani una così importante figura, che ancora oggi può e deve essere esempio di libertà di pensiero e di azione nella  difesa della democrazia e della civiltà.

Vincenzo Rizzuto   

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