Il perché dell’elevata mortalità da Covid 19

La pandemia in atto, realisticamente, ha svelato la sostanziale incapacità del sistema sanitario italiano di reagire allo stress conseguente al diffondersi del virus.

Ad oggi, la sanità nazionale, già strutturalmente inadeguata anche in ragione dell’eterogeneità dei diversi sistemi regionali, si presenta in una situazione di pesante affaticamento.

Il Presidente del Consiglio Draghi, in una recente conferenza stampa, ha affermato che nel Paese manca un Piano Sanitario adeguato e che le risorse richieste ed ottenute in conseguenza del Recovery Fund, in assenza di detto piano, sarebbero sostanzialmente sperperate.

Evidente risulta il rischio che corre il Paese, che potrebbe vanificare la possibilità di impiego delle ingenti risorse finanziarie messe a disposizione dalla UE, circa 20 miliardi di euro, utili invece ad invertire, in maniera radicale, quel trend costante che negli anni, a causa di diverse riforme, ha abbassato il livello quantitativo e qualitativo dell’offerta di salute.

Sciaguratamente, i Governi che si sono succeduti negli ultimi anni alla guida della Nazione hanno, indistintamente ed indipendentemente dal loro colore politico, sempre operato tagli orizzontali indiscriminati ed ingiustificati alle strutture sanitarie, al personale medico ed infermieristico, al numero di letti e di prestazioni, misure che hanno prodotto un effetto complessivo di insufficienza nell’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza.

Molti esperti invocano una sorta di Piano Marshall sanitario per scongiurare il pericolo.

Per comprendere il reale stato delle cose, occorre rifarsi ai numeri in campo i quali, attenendo a fenomeni oggettivamente misurabili, restituiscono il senso degli eventi più di quanto possano i giudizi di natura personale. 

Un dato di sintesi, comunque, appare innegabile.

Il deficit strutturale del Sistema Sanitario Italiano ha provocato una persistente elevata mortalità, diretta ed indiretta, conseguente al Covid, situazione questa aggravata anche da una conduzione della campagna vaccinale, sino a qualche giorno fa, caratterizzata da un’abnorme gestione della sequenza delle priorità temporali all’accesso al vaccino che ha visto categorie di cittadini, certamente non a rischio di letalità in caso di contagio, precedere soggetti realmente a repentaglio e cioè gli anziani, soprattutto gli ultrasettantenni, ed i pazienti fragili affetti dalle grandi patologie.

La mortalità complessiva sia Covid e da patologie non Covid, secondo gli ultimi dati Istat a disposizione, nel periodo dal marzo al dicembre 2020, raffrontati con quelli medi del medesimo periodo e nei 5 anni precedenti, si è attesta in eccesso per un percentuale di circa 21%,valutabile in 108.178 decessi in più, dei quali circa il 69% dovuti principalmente al Covid e per il 31%da morti legate a patologie non Covid.

Nella sostanza, la mortalità direttamente causata da Covid 19 nel nostro Paese, si colloca ormai stabilmente come la più alta in Europa con il 3,03% tra i contagiati e 177 morti ogni 100 mila abitanti, mentre nel mondo l’Italia occupa la quinta posizione dopo Messico, Sud Africa, Iran e Perù.

Il comparto ospedaliero, già al momento dell’inizio della pandemia, aveva un numero complessivo di posti letto ordinariper centomila abitanti, molto più basso rispetto alla media europea, 314 contro 500,collocando il Paese al ventiduesimo posto nella classifica tra i 27 Paesi Europei.

Per quel che riguarda i letti di terapia intensiva,attualmente, dopo l’ampliamento già effettuato nel corso degli ultimi mesi a seguito dell’inizio della pandemia, l‘Italia è passata da 8.6 per 100.000 abitanti a 14.

Per il Personale Sanitario operante negli ospedali in Italia, nel 2016, i medici ospedalieri erano circa 130 mila e successivamente sono anche diminuiti, in Germania 60 mila in più e quindi 190 mila, ed in Francia 43 mila in più, complessivamente 172 mila.

D’altra parte, le percentuali di spesa complessiva del nostro Paese per il Servizio Sanitario Nazionaleclassificavano l’Italia, per il 2017, al quindicesimo posto in ambito europeo per percentuale sul PIL (media europea 9,9% contro 8,8 % per l’Italia), ma considerando che parte dell’impegno risulta essere sopportato direttamente dai cittadini per almeno tre punti, in realtà la stessa è del 6%circa nel nostro Paese, e quindi dietro a quindici Paesi tra cui: Svizzera (12,4 %), Francia e Germania (11,3 %), Svezia (11%), Belgio (10,3%), Olanda e Danimarca (10,1%), Regno Unito (9,6 %), Spagna (8,9 %), Grecia (8,5%).

Le spese correnti finali per la Sanità nel 2017 in Italia sono stati 153 miliardi di euro verso i 369 della Germania e 260 per la Francia, corrispondenti per ciascun abitante a circa 2.500 euro in Italia, a 3.800 nel Regno Unito ed in Francia, a ben 4.100 in Germania e 5.100 in Svizzera.

Questo stato di cose, indubbiamente, ha inciso in maniera direttamente proporzionale sui decessi registrati in conseguenza dell’epidemia in atto.

Oltre a ciò, come detto, la campagna vaccinale ha favorito alcune categorie di soggetti che non presentavano requisiti di urgenza.

Il fenomeno non si è caratterizzato tanto per l’iniziativa di alcuni “furbetti”, esistenti, quanto per alcune scelte errate, illogiche e prive di chiarezza da parte delle Istituzioni preposte, che oltretutto non hanno esercitato alcun controllo durante il realizzarsi di queste gravi decisioni.

Recentemente, il Presidente del Consiglio è dovuto intervenire energicamente sulla questione, mentre solo nelle ultime settimane le Autorità sanitarie e regionali hanno adottato più rigidi protocolli di vaccinazione delle categorie c.d. privilegiate, nel tentativo di riparare i danni frattanto perpetrati alla salute pubblica.

I dati certificati dimostrano che ben il 35% dei cittadini già vaccinati non appartenevano alla categoria a maggior rischiodi letalità e soprattutto dei circa 16 milioni di cittadini a maggior rischio, solo il 38% ha ricevuto la vaccinazione. Per quel che riguarda i cittadini a rischio per età, i dati comprovano che solo il 68% degli over 80 ha ricevuto la prima dose e unicamente il 38% entrambe le dosi, cosi come solo il 19% dei cittadini di età compresa fra i 70-79 anni.

Si sono quindi registrate delle evidenti aberrazioni nelle procedure e nelle sequenze vaccinali, poiché le categorie in pericolo erano ben conosciute da molti mesi sulla base dei dati periodici che l’istituto Superiore di Sanità forniva sulle caratteristiche dei deceduti positivi al Covid.

Possiamo quindi ritenere che, la mancata vaccinazione prioritaria delle categorie a maggior rischio di letalità, rappresenti, al momento, l’elemento più importante nel determinare la persistenza di rilevanti livelli di mortalità nel nostro Paese.

Nella sostanza, tutti i dati rappresentati portano a valutare che in Italia non tutto è andato per il verso giusto nella gestione dell’emergenza Covid 19, sia per l’assenza di provvedimenti correttivi in tema di rafforzamento del Sistema Sanitario, che per imperdonabili errori nell’articolazione e svolgimento della strategia vaccinale iniziale.

A questo si aggiunga la mancata, concreta ed uniforme adozione, da parte dei medici di base, del protocollo delle modalità di gestione domiciliare del paziente affetto dal virus, che se regolarmente applicato avrebbe sicuramente evitato l’aggravarsi di molte infezioni contratte, sfociate poi in decessi.

Di recente è stata impressa un’accelerazione al numero di vaccini somministrati giornalmente, 497.933 al 29 aprile, numero vicino alla soglia fissata dal Governo in 500.000 somministrazioni giornaliere.

Bisognerà quindi immediatamente vaccinare esclusivamente i soggetti anziani over 70 ed i pazienti fragili per gravi patologie, fino ad esaurimento di queste categorie e, solo dopo, passare gradualmente con criterio decrescente di età agli altri cittadini.

Questo, ad oggi, appare il sistema più veloce e sicuro per abbattere rapidamente l’elevatissima mortalità da Covid in Italia.

Angelo Montalto

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