Acri ed i suoi tredici anni di accoglienza e solidarietà
La Casa di Abou Diabo di Acri (Comunità Alloggio per Minori Stranieri non Accompagnati-SAI/MSNA) ha compiuto tredici anni. L’otto aprile del 2008 iniziò il suo lavoro di accoglienza di minori migranti con la Cooperativa Promidea di Cosenza e dal 2014 con LiberAccoglienza ETS di Acri. All’epoca, l’amministrazione comunale in carica decise di inserire Acri nel circuito del sistema di accoglienza nazionale, (SPRAR -Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), con la scelta di aprire questo presidio per minorenni di altri Paesi che sbarcano in Italia. Da allora, le attività ed il lavoro de La Casa di Abou Diabo si sono succeduti negli anni, anche grazie alla volontà delle altre amministrazioni ed a quella in corso che hanno rinnovato la scelta di lasciar collocata Acri nel Sistema di accoglienza ed integrazione del Ministero dell’Interno. Quindi, la città, attraverso questo presidio, ha acquistato una sua identità di solidarietà secondo la stesura di fornire ai giovani migranti ospiti ed ospitati gli strumenti per proseguire il loro percorso di vita verso una pratica visione di miglioramento in Italia o in altri Stati europei.La Casa di Abou Diabo, anno dopo anno, è riuscita a moltiplicare l’inserimento lavorativo e sociale degli ospiti della struttura ed inserire la città di Acri ed il suo nome in contesti certamente specifici del progetto, ma scarsamente inclusi nella comunicazione di massa. Essa è divenuta riferimento ed esempio per altre realtà simili e presa in esame da ricerche universitarie e tesi di lauree, nonché premiata anche da albi professionali come quello degli Assistenti Sociali. Gli anni di esperienza e le scelte di continuità includono tutta una comunità, cioè quella acrese, in dinamiche globali dove affermare un posizionamento umano e pervaso di umanità ed anche in dinamiche di accesso al reddito dalle quali, spesso, i piccoli territori restano esclusi. Un grazie a tutta la città di Acri. (Nella foto, la scritta di Acri disegnata da Ibrahim, ospite della struttura)
La Casa di Abou Diabo