Lettera aperta a Papa Francesco su padre Fedele Bisceglia
Vostra Santità,
ho incontrato poco tempo fa padre Fedele, ormai più che ottantenne, e subito ho avuto la netta sensazione di trovarmi di fronte ad uomo distrutto nel fisico, mortificato nello spirito e, tuttavia, ancora sulla breccia della solidarietà verso i meno fortunati, verso i derelitti e abbandonati da tutti, quelli che non hanno casa e vivono nei tuguri, sotto i ponti, sui marciapiedi dove danno fastidio a tutti i benpensanti, pronti a dire che padre Fedele non è degno di portare il saio, perché non ha obbedito ai dettami della Chiesa e si è macchiato di gravi peccati, come quello di essere stato accusato di avere abusato di una suora, che si è ricordata di denunciarlo solo dopo anni.
I Tribunali, dopo avere suscitato grandi clamori presso l’opinione pubblica, lo hanno assolto con formula piena; e allora, ci si chiede, dov’è la colpa, Santo Padre?
Da non credente ho parlato spesso di questo strano ostracismo, nei confronti di padre Fedele, con qualche altro religioso del medesimo Ordine, esprimendo tutta la mia vibrataincomprensione, e mi è stato ripetutamente risposto che il confratello è stato ‘sospeso a divinis’ per non avere ‘ubbidito’ ai ‘consigli’dell’Ordine di appartenenza. In poche parole il ‘colpevole’ doveva mettersi da parte, zittire e non dare scandalo con le sue aperture di frate che seguiva gli ‘ultras’ al campo sportivo; che si spendeva a dormire sotto i ponti con gli emarginati; che andava in altri continenti a prestare opera di assistenza anche come medico, visto che intanto si era laureato anche in medicina oltre che in lettere; che sotto la pioggia e nella neve si sedeva e si siede su di una sedia o a terra come un miserabile per chiedere l’elemosina e assicurare nella sua oasi un pasto caldo agli ‘ultimi della terra ’, o dare un minimo di assistenza a poveri malati, lasciati da sempre a morire come cani randagi.
L’obbedienza alle regole dell’Ordine avrebbe certamente impedito al frate di agitarsi per fare tutte queste cose a favore dell’umanità sofferente; quella medesima ‘obbedienza’ lo voleva, Santo Padre,chiuso in un convento, in ‘religioso’ silenzio, tutto dedito a meditare sulle sue ‘colpe’, lontano dallo scarto dell’umanità che vive nelle fogne, nelle ‘favelas’, così presenti anche nelle nostre latitudini, come nelle tendopoli della Piana di Gioia Tauro o della Puglia, da cui anche le Istituzioni si tengono ben distanti!
Ed ecco che ‘lo spirto guerrier ch’entro mi rugge’, Santo Padre, si ribella a tutta questa acredine, a tutto questo accanimento persecutorio che la Chiesa paludata esercita nei confronti di un’anima nobile come padre Fedele, che ha solo la colpa di non volere rinunciare a se stesso, alla sua vocazione di dedicarsi anima e corpo agli emarginati, ai derelitti, di cui la nostra ‘bella società’ è così permeata, intrisa. Tutto questo mi riporta alla mente, come studioso che si è interessato alla filosofia e alla formazione dei giovani per oltre quarant’anni, la triste vicenda di Giordano Bruno, bruciato in Campo dei Fiori nella Roma dei Papi, e Tommaso Campanella, cui furono inflitti oltre venticinque anni di carcere duro con supplizi vergognosamente inenarrabili, entrambi appartenenti alla medesima Chiesa e rei di avere testardamente ‘ubbidito’ ai propri ideali, alla propria missione di civiltà e di ricerca della verità. Da quei misfatti sono trascorsi oltre quattro secoli senza che la Chiesa abbia fatto ammenda dei propri errori riabilitando, ‘apertis verbis’, la figura dei due pensatori; tutto questo offende la ragione umana, che pure si dice essere di origine divina.
Santo Padre, allora perché si continua ad abbandonare alle ortiche un frate come padre Fedele Bisceglia, condannandolo al dileggio, alla ‘tortura’ dell’allontanamento dal suo gregge da cui pure è amato e cercato. Per lui, pure da non credente, ho sentito la necessità etica di dedicargli il racconto, ‘Un frate scomodo’, inserito nella raccolta: ‘La danza del gatto’, pubblicato da Brenner Editore, Cosenza, 2009, un po’ come avevo precedentemente fatto per il filosofo di Stilo, cui ho dedicato per il più largo pubblico dei non addetti ai lavori: ‘L’avventura di Tommaso Campanella fra vecchio e nuovo mondo’, con prefazione del Prof. Antimo Negri, pubblicato da Brenner Editore, Cosenza, 2004, due testi che mi sono premurato e permesso di inviare anche in Vaticano e non al convento di Santa Marta nellaingenua speranza di essere letto. Un caro saluto al Santo Padre, che generosamente si spende per gli umili.
Vincenzo Rizzuto
Caro Professore, condivido pienamente il suo scritto, che mi dà l’occasione di esprimere la più piena solidarietà ad una persona che si è spesa tanto nel sociale, che è stata totalmente prosciolta dalle accuse che gli erano state rivolte e che , nonostante tutto continua ad essere marginalizzata. Anche Acri non potrà mai dimenticarsi di quanto di buono a fatto padre Fedele per la nostra comunità. Le battaglie per le conquiste più elementari nelle frazioni, penso a Montagnola. Spero veramente che venga restituita a padre Fedele quella dignità che hanno cercato di togliergli in quanto personaggio oggettivamente scomodo.
Egregio Professore, condivido pienamente il suo pensiero. Padre Fedele è stata una grande persona, che si è impegnata moltissimo nel sociale. Lo ricordo anche nella nostra realtà, mentre lottava insieme ai cittadini di alcune frazioni per ottenere i servizi più elementari. Nonostante sia stato totalmente prosciolto dalle accuse che gli erano state mosse, si continua a privarlo di quel ruolo e quella dignità che gli spettano. C’è davvero molto da meditare.