Lo strano caso del Maca
E’ da anni che il Maca (Museo Arte Contemporanea Acri) si trova suo malgrado costretto a ingaggiare una sfibrante contesa con l’amministrazione comunale di turno.
Se non è il presidente del comitato di gestione, scelto dal sindaco, è l’assessore alla Cultura. Per non parlare dei tanti detrattori in servizio permanente effettivo.
E’ successo sovente nella legislatura in cui era sindaco Nicola Tenuta, dal 2013 al 2017, con frizioni apparse in superficie con l’allora assessore alla Cultura Paola Capalbo, ma anche con il presidente del comitato di gestione dell’epoca, Francesco Cilento.
Nella consiliatura in corso, dopo le rumorose dimissioni del suo successore, Loredana Barillaro, la nomina di Angela Forte sembrava aver riportato un po’ di tranquillità.
Non è così, a sentire quello che sta accadendo circa le intenzioni manifestate dall’assessore comunale alla Cultura, Mario Bonacci.
Dopo l’inaugurazione del Museo del Risorgimento “Giovan Battista Falcone”, la rete museale acrese sta deve collocare nel Palazzo Sanseverino-Falcone anche il Museo della civiltà contadina, che esiste già ed è stato finora allocato nel Palazzo Padula e di cui è presidente Angelo Vaccaro.
Bonacci lo vuole trasferire in una stanza occupata dal Maca, privandolo di uno spazio espositivo già esistente. Al di là della difficoltà a immaginare una linea di continuità fisica tra l’arte contemporanea e la civiltà contadina, è possibile che non vi sia una soluzione che vada a penalizzare un presidio culturale che rappresenta, dati alla mano, un indirizzo attrattivo per chi viene ad Acri? Si tratta di un flusso che la politica, ma anche l’imprenditoria locale, non ha mai saputo incanalare.
Non è qui il caso di ripercorrere le tappe più significative del percorso del Maca in questi anni, con mostre che hanno avuto un’eco andata anche oltre i confini nazionali.
Il numero delle visite (inevitabilmente influenzato dalla pandemia in questo ultimo anno) e i commenti ufficiali spiegano chiaramente che è un’eccellenza da tutelare.
Decurtare lo spazio espositivo attraverso l’“esproprio” di una stanza per collocarvi macchine e strumenti che testimoniano l’importanza della civiltà contadina al posto di quadri che esprimono per certi versi un significato lontano anni luce da quel contesto ci sembra una decisione che deve quantomeno essere adeguatamente motivata.
Ma, al di là del gesto in sé, non vorremmo che si trattasse di una ostilità periodicamente alimentata nei confronti di chi è costantemente chiamato a difendersi dal fuoco amico.
Sembra paradossale, ma negli ultimi anni il Maca, la cui nascita è avvenuta durante la prima esperienza Tenuta, ed è stato tenuto a battesimo dall’amministrazione Coschignano, del cui esecutivo Mario Bonacci era parte, è chiamato a parare i colpi di chi invece dovrebbe farne un proprio vanto.
Piero Cirino