All’anonima popolana s’innalzi un monumento
Nell’approssimarsi dell’8 marzo, festa della donna, si indicano visi e nomi di donne celebri. Noi che non amiamo seguire gli stereotipi vorremmo che si prendessero ad esempio le donne anonime, che hanno operato e contribuito alla formazione di generazioni e generazioni e allo sviluppo sociale.
Da noi la donna, in tanti casi, era bistrattata sotto tantissimi aspetti e se ne sviliva la capacita e l’operosità, recitando: Fìmmina: capilli luoghi e menta curti (Donna: capelli lunghi e capacità intellettuali ridotte); Zappat’ ‘e fìmmini e lavurat’ ‘e vacca, / amaru chi ci ‘ncappa (Terreno zappato da donne e arato da vacche, / misero chi ci ‘ncappa), ecc.
Padula, però, e giustamente, da attento studioso del nostro popolo, la rivaluta: “In Calabria la donna vale quanto un uomo”, ecc. Lo fa nel trattare dello Stato delle persone in Calabria e in tanti suoi versi.
Va ricordato che la famiglia, nei tempi passati, ruotava intorno alla donna non solo per l’educazione, per rafforzarne i vincoli familiari, sociali e si potrebbe fare una lunga lista di valori, che trasmetteva.
Va precisato, inoltre, che non menava una vita da parassita, come qualche sprovveduto potrebbe e vorrebbe far credere. La donna produceva e come. Tante delle industrie erano portate avanti dalle donne. Qualche esempio? La filatura, la tessitura, l’allevamento del baco da seta. Troviamo donne che erano mugnaie; altre che gestivano forni pubblici; altre che erano impegnate nel rifornimento dell’acqua, attingendola alle fontane pubbliche, e l’elenco sarebbe lunghissimo.
Che dire, ad esempio, dell’allevamento dei maiali e della lavorazione delle loro carni? Era tutta un’industria al femminile, riguardo gli allevamenti familiari. E, un tempo, specie ad Acri, questi allevamenti erano estesissimi. La lavorazione dei salami colpì non pochi visitatori e nel 1500 Barrio scrive che “inter salsamenta laudantur pernae” (Fra i salumi sono da lodare i prosciutti). Noi aggiungiamo: e non solo. Uno scrittore di fine 800 sottolinea: “Eccellenti oltre ogni dire sono i nostri salami da far gola anche a Sua Divinità l’inperatore della China!| Ottimo, di vero, è il grasso che si ha dallo strutto de’ nostri majali; e squisitissimi sono sempre il lardo, il prosciutto, il capicollo, la salsiccia, e soprattutto la lagrimosa soppressata!”.
Tutti i lavori a maglia erano della Minerva paesana, che diveniva Aracne nell’allevamento del baco da seta: il primo raccolto, come usavano denominarlo le nostre antenate. Il citato autore precisa: “L’industria serica nelle Calabrie, nella Citeriore specialmente, è una delle sorgenti principali di produzione e di ricchezza”.
Che dire, ancora, dell’arte culinaria da lei esercitata, nella quale bisognava rendere appetibile l‘usuale. Il cibo che preparava, quando proprio non c’era gran ché, era fornito dalla natura, con le sue erbe spontanee.
Le donne erano le detentrici della medicina popolare.
Potremmo continuare, sottolineando, evidenziando, decantando per far rileva quanto abbia contato e conti, per la famiglia e per la società quest’anonima ape da miele, come è detta in qualche racconto, per evidenziarne capacità, doti e funzioni.
Vorremmo, perciò, che si indicassero a esempio donne che hanno fatto la Storia, ma che si innalzasse un monumento all’umile popolana, che tanto ha fatto per la famiglia e per la società.
Giuseppe Abbruzzo