La sanità possibile
Affrontare il tema della sanità risulta particolarmente complesso, poiché su di esso si intrecciano questioni riguardanti diverse sfere, da quella politica ed istituzionale, a quella economica, a quella infine autenticamente scientifica.
Storicamente l’intreccio ha generato, nel corso degli anni, un mastodontico apparato che ha letteralmente divorato ingenti risorse di bilancio pubblico, restituendoci un sistema a tinte alterne, laddove coesistono eccellenze sanitarie accanto a cattedrali nel deserto.
L’epidemia in atto, ha svelato la reale in-consistenza ed in-capacità dell’attuale sistema sanitario italiano a garantire, nel suo insieme, il fondamentale diritto alla salute sancito dell’art. 32 della Costituzione Italiana.
La sanità in Italia, ha rappresentato una tipica espressione della degenerazione partitocratica, derivante dal fatto che, dal secondo dopoguerra ed in parte sino ad oggi, gli apparati politici hanno esercitato una pressione pressoché crescente sulle istituzioni pubbliche, dando luogo a massicci fenomeni di occupazione e lottizzazione delle sedi istituzionali.
La generale incessante pressione, ha prodotto diretti riflessi sullo sviluppo dell’organizzazione pubblica del paese, i cui lineamenti hanno finito per essere modellati, in larga misura, sulle specifiche esigenze del sistema dei partiti: dall’esigenza di aprire spazi al personale politico, a quella di estendere l’influenza dei partiti sulla società in funzione eminentemente clientelare; dal bisogno, infine, di creare surrogati all’alternanza politica, mancata in ragione della c.d. conventio ad excludendum, moltiplicano le sedi in cui i partiti esclusi dall’esecutivo potessero assumere responsabilità di governo e di gestione.
In questo contesto generale, emblematica del fenomeno, è stata la riforma sanitaria del 1978 la quale, affidando il governo del servizio a comitati di gestione eletti dai Consigli comunali, ha messo a disposizione degli apparati partitici alcune migliaia di posti.
Il complesso di questi fattori, come detto nella loro diretta trama, ci ha offerto in dono, ironicamente parlando, la sanità di oggi.
I nodi, però, sono venuti al pettine, poiché la pandemia da Covid 19 ha agito in maniera violenta in questo moto, svelando un mondo, comunque già esistente e volutamente non visto, caratterizzato da gravi inefficienze di sistema, da enormi sperperi di risorse finanziarie, da mancata valorizzazione del personale medico e non, scoprendo una realtà, insomma, dove il malaffare ed il clientelismo l’hanno fatta da padrone sacrificando il diritto di ognuno di noi a vedersi garantito il primario e fondamentale diritto alla salute.
Si pone, quindi, come ineluttabile il problema di ridisegnare e ripensare la salute nel nostro paese, immaginando un sistema che sappia rompere i meccanismi clientelari e partitici, attraverso l’accesso alla professione sanitaria con concorsi idonei ed imparziali, che valorizzi le esistenti eccellenze professionali, mediche, infermieristiche e tecniche, che assicuri, sulla base dell’applicazioni di corretti e sani principi, la sostenibilità finanziaria del servizio salvaguardando la piena ed efficace erogazione delle prestazioni.
In buona sostanza, bisogna ri-elaborare un nuovo modello di sanità in grado di garantire, appieno, quel diritto alla salute in senso costituzionalmente orientato.
Penso che il nuovo schema debba abbandonare le forme della vecchia sanità, superando quella conflittualità dicotomica in cui una sanità pubblica non possa coesistere con quella privata, allontanando l’uso, a volte nominalistico e privo di contenuto, di quelle fattispecie, vetuste, di caratterizzazione delle strutture in ospedale generale, di montagna, spoke, ecc., che alla prova dei fatti non riescono a garantire l’erogazione di un servizio adeguato.
Al centro del modello deve essere posta la persona ed il suo diritto ad essere curata e ciò fatto, costruire intorno ad essa un mondo sanitario efficiente ed efficace nelle sue diverse articolazioni.
Attualmente, un servizio adeguato appare maggiormente alla portata di mano, poiché più alte sono le conoscenze scientifiche e manageriali, più intensa è la capacità delle persone di comprendere e valutare l’adesione alla scelta terapeutica, più pregnante è la possibilità di operare sinergicamente con il mondo della scuola, dell’università, della società civile.
Di più, le nuove tecnologie offrono quelle piattaforme conoscitive e di servizio sulle quali innestare processi di telemedicina, quale cura da remoto, e di diffusione di buone pratiche sanitarie.
Vi è bisogno, nella sostanza, di una sanità di territorio, vicina alle esigenze reali della persona, che miri l’offerta di salute a seconda della domanda, senza ideare servizi anomali di cure non necessarie, che producono il solo effetto di drenare risorse e depotenziare il meccanismo complessivo.
In questa direzione, maggiore applicazione ed attenzione deve essere data alla prevenzione, lavorando a che nel tempo vi siano meno malati, all’offerta di solide garanzie per le fasce deboli ed emarginate, quali anziani, disabili, persone affette da patologie di natura psichica, soggetti che più di tutti patiscono la presenza di un sistema deficitario.
Come creare, in concreto, il sistema non dipende chiaramente da noi.
Quello che possiamo permetterci, però, è di proporre un modello di sanità possibile.
Angelo Montalto