Non credere ai sogni

Si sente recitare, a volte, il seguente detto: ‘Un crìdar’ a sùonnu (Non credere al sogno; Non credere che questo si avveri). Il detto viene recitato anche di fronte a qualcosa che si narra, ma che ha o appare impossibile.

Si crede, ancora, per tradizione antica, che i sogni avuti nelle ore mattutine siano veritieri.

Chi sogno, ancora oggi, appena mette piede giù dal letto, racconta quanto ha sognato convinto che, così facendo, evita che tutto si avveri.

Si dirà che il credere nei sogni è di persone poco istruite. Non è vero. Vincenzo Padula era fermamente convinto che i sogni predicessero. Scrive un articolo sui sogni e, in una lettera, dice di segni inviati dal fratello morto. Ma, forse, susciterà la curiosità dei “miei venticinque lettori”, il riportare quanto si trova nei classici.

Uno dei sogni profetici più noti è quello di Calpurnia, moglie di Giulio Cesare, la quale sognò la statua del marito coperta di ferite sprizzanti sangue. Raccontò il sogno e scongiurò Cesare, perché non fosse andato in senato. Il sogno, purtroppo, si avverò.

Lo stesso Cesare sognò di volare oltre le nuvole e di toccare la mano di Giove. Gli interpreti gli dissero che sarebbe morto fra non molto.

Altro sogno premonitore è quello di Bruto, al quale Cesare dice: – Ci rivedremo a Filippi -. E, Bruto finì i suoi giorni in quella battaglia.

Rimaniamo nell’antichità e chiamiamo in causa Cicerone. Nessuno può ritenerlo credulone dato che nella sua opera De Divinatione combatte e condanna la superstizione. Ai suoi tempi, va detto, il credere nei sogni e l’interpretarli era molto diffuso. Riporta, fra gli altri, il caso di un viaggiatore, Simonide, il quale, un giorno, trovò, sul margine di una strada il cadavere di un uomo. Ne sentì pietà. Accertatosi che era realmente andato nell’al di là lo seppellì.

Simonide, il giorno successivo, doveva imbarcarsi per Delo. La notte sognò il morto, che gli disse di non imbarcarsi, perché la nave sarebbe naufragata. Simonide seguì il consiglio. La nave fu affondata da una tempesta.

Cicerone, come detto, è degno di fede e ne racconta vari di sogni veridici nel suo trattato. Fra questi vi è un sogno riferito dal suddetto e da Valerio Massimo.

Due persone, raggiunta insieme Megara, si separano, per trovare un alloggio. Uno lo trova in casa di un amico, l’altro in un albergo. Il primo, appena addormentato, ha un sogno: il compagno di viaggio, lo scongiurava di andare in suo soccorso, gridando che l’albergatore voleva ucciderlo.

Si svegliò. Si precipitò in strada per andare in soccorso dell’amico, ma poi pensò di ‘un crìdar’ a sùonnu: di non credere al sonno. Ritornò a casa e si coricò. Preso sonno, si ripresentò nel sogno l’amico tutto insanguinato e gli disse che dato che non aveva voluto prestargli soccorso, almeno facesse giustizia, facendo punire l’albergatore assassino. Per farlo si sarebbe dovuto portare, il giorno seguente, alla porta porta a oriente della città. Da lì sarebbe passato un carro carico di letame, nel quale avrebbe trovato il suo cadavere, dove era stato nascosto dall’assassino.

Svegliatosi fece quanto aveva sognato e nascosto, fra il letame, trovò il cadavere del compagno di viaggio. L’assassino fu catturato e condannato a morte.

Come spiegare il sogno riportato da due autori degni di fede?

Metastasio ritiene che si sogni quanto provato e pensato:

Sogna il guerrier le schiere,

le selve il cacciator,

e sogna il pescator

le reti e l’amo.

I sogni sono premonitori? Sono veridici? Bisogna o meno creder ai sogni? Fate un po’ voi.

Giuseppe Abbruzzo

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