Dante, Boccaccio e… gli acritani
Quest’anno, com’ è noto, cade il VII° centenario della morte di Durante Alighieri, noto come Dante, padre della lingua italiana, autore, fra l’altro, della Divina Commedia.
Si annunciano, per tempo, festeggiamenti in tante parti d’Italia.
Non sappiamo se – passato, si spera presto, il covid -, il Comune di Acri e le Istituzioni culturali locali intendano essere della partita.
Si dirà: – Cosa c’entra Acri con Dante? –
C’entra, perché in Acri sono nati non pochi autori, che si sono occupati del sommo Vate. Ne citiamo uno per tutti: Nicola Romano, autore di L’ira di Dante giustificata dalla storia; ma, soprattutto, vi è nato, vissuto e ignorato il traduttore della Divina Commedia in dialetto acritano, Salvatore Scervini.
Questi è tanto ignorato che qualcuno, citando ‘U munnu: raccoltina di versi sociali del detto Poeta, gli ha attribuito la traduzione che, invece, è mia. Scervini non poetò, né scrisse in italiano!!
Il binomio Dante-Scervini è importante, perché quest’ultimo è l’unico, in Calabria, ad aver tradotto per intero il poema in dialetto calabrese.
Allora, a parer nostro, si dovrebbero ricordare i due in qualche modo.
Vogliamo citare un altro letterato: ser Giovanni Boccaccio. È vero che a scuola si studia solo come autore del Decamerone, ma è anche uno dei primi, se non il primo, biografo di Dante e non sarebbe peregrino rispolverare quello scritto.
A proposito ricordiamo, a mo’ di curiosità, che quel Decamerone messo all’indice dalla Chiesa, fece dell’autore uno che aveva stretto un patto, che voglio narrarvi, anche perché poco noto.
Si dice che ser Giovanni fosse uno stregone e che, d’accordo col diavolo, avesse ideato una collinetta, nei presso di Certaldo, suo paese natale; e, quel suo amico gliela costruì in una sola notte con una sporta di terra. Vicino Bisignano vi è una collina simile detta Cavallo d’oro.
Il poggio di Certaldo è certamente un cenotafio: il sepolcro di un eroe. Il 1812, abbassato il poggio di circa un metro, vi trovarono grano e legumi carbonizzati, insieme a pietre di fiume e pezzi di coccio.
La collina, perciò, non era naturale. Il popolo fantastica e crea leggende e Boccaccio si prestava bene, come evidenziato.
Aggiungiamo che Filippo Pananti, facendo propria la leggenda riportata e quella di un ponte in cristallo, che Satana avrebbe dovuto costruire al suo amico, canta:
Fu nel popolo ed è certa opinione
Che il buon Messer Giovanni di Certaldo
Fosse un celebre Mago, uno Stregone
Che ora si trova in un paese caldo,
sì, mago fece lo scritto gentile
da magia del racconto e dello stile.
Abbiamo inteso ricordare Dante e tant’altro. Resta da dire che Salvatore Scervini ci ricorda, per quella sua fatica: Iu ppe’ tradurri Danti ‘ncalabrisi / mi dissiccai quattr’anni lu ‘ntellìettu… Si scervellò, perciò, nella detta traduzione per ben quattro anni.
Si renderà gloria a Dante e merito al Nostro, per quanto detto?
Giuseppe Abbruzzo