Curiosa usanza natalizia nella Reggio Calabria del 1700
Un’antica usanza natalizia, che era presente in Reggio Calabria nel 1700, è riportata da mons. Giuseppe Maria Perrimezzi in Dell’ecclesiastiche dissertazioni dette in Roma nell’Accademia de’ Concilj del Collegio Urbano de Propaganda Fide (Roma, 1710).
Il suddetto autore era nato in Paola il 1671 e morì in Oppido Mamertina, dove fu vescovo dal 1714 al 1734. Da un’iscrizione lapidaria esistente nell’altare maggiore della chiesa di S. Francesco di Paola, in Roma, si apprende che Perrimezzi fu consacrato arcivescovo metropolitano di Bostra (Siria) il 28 febbraio 1734. Bostra era una di quelle sedi titolari, senza obbligo di residenza, che si conferivano dalla S. Sede. Ecco di cosa si tratta.
Uno spagnolo condannava il ballo dinanzi l’Arca. Perrimezzi lo confuta:
“Ma sopratutto io non vedo, come da uno Spagnuolo condennar si possa il ballo di Davide innanzi l’Arca, quando nelle Spagne innanzi l’Arca Eucaristica nel giorno della sua solennità egli viene divotamente imitato”.
Precisa, poi: “E non solamente nelle Chiese, ma nelle Processioni ancora, per tutto il tempo, in cui queste durano, innanzi il Sagramento augustissimo van sempre ballando, e saltando più persone in diverse fogge vestite; e pur quest’ uso dalla Chiesa vien tolerato come pio, anzi vien permesso come divoto”.
Ed ecco la parte che ci interessa da vicino: “Tralasciamo di riferire, che in parecchie Chiese della nostra Italia ancora queste reliquie di antichità perseverino a mantenersi; ed infra le altre nella Chiesa di Reggio in Calabria nelle Feste Natalizie del Signore l’Inno Jam lucis orto Sydere in mezo al Coro da due Canonici ballando intuonar si suole, i quali poscia ad altri Canonici si accostano, ed al sagro ballo gl’invitano. La qual cosa anche in oggi in detta Chiesa si osserva come laudevole, e come antica si venera con rispetto, e si mantiene con zelo”.
Tutto questo si riporta nell’opera citata.
Mario Mandalari, noto studioso calabrese, ritiene, come si legge in un suo scritto che l’uso “se vero”, quindi lo mette in dubbio, “non mi pare che sia stato costante, e non è noto”.
Il suddetto, in parole povere propende quasi per una invenzione del Perrimezzi.
Non si ferma qui e chiede chiarimenti al vescovo di Mileto, mons. De Lorenzo conoscitore della storia reggina. Opina, inoltre che “esso potrebb’essere un resto dei riti e delle cerimonie delle chiese di rito greco”. Anche questo, però, fa sorgere un altro dubbio: “perché abbiamo notizia solo d’un uso praticato nella chiesa di Reggio e non in quella di Bova, che seppe resistere più a lungo alle influenze della chiesa latina?”.
A proposito del ballo e dei suoi interrogativi, Mandalari, estrapolando da Bianchi-Giovini, Storia de’ papi, riporta quanto segue: «Narra Giovanni Curopalata, parlando del Patriarca Teofilatto di Costantinopoli (morto nel 956), che un giovedì santo, mentre celebrava la messa, il capo delle scuderie corse ad avvertirlo che una cavalla, la quale ei teneva molto cara, aveva partorito. “Ne fu così contento, che sbrigata al più presto la liturgia, corse a vedere il neonato puledro, indi tornò alla gran Chiesa per terminarvi l’ufficio. A lui è dovuta la cattiva costumanza di danzar nelle chiese durante le feste solenni, facendo atti indecenti e accompagnandovi scrosci di risa e triviali canzoni”.
Questa giustificazione ci sembra veramente strana.
L’interrogativo che poniamo a chi potesse darcene notizia certa e motivata: – È ancora in uso in Reggio Calabria o nella provincia il rito della danza? -.
Fra gli italo-albanesi, notoriamente di rito greco, si ha notizia di quanto riportato?
Siamo sicuri che il rito non esiste più, perché, contrariamente, tanti ne avrebbero scritto.
Giuseppe Abbruzzo