Il Natale dal fascino antico!

Natale! In ogni tempo, in ogni epoca si è attesa questa festa.

Una domanda che si saranno posta in tanti è la seguente: – Ma, quando si è incominciato a festeggiare il Natale? –

Va detto subito che molte feste cristiane hanno origini pagane non escluso il Natale.

Presso i Greci si avevano le feste dionisiache. Sembra che fossero state istituite dal tiranno Psistrato nel VI secolo a.C. La festa aveva inizio tra marzo e aprile.

I Romani avevano le feste in onore di Apollo, dio del Sole. E, nel culto di Mitra, che ha molte attinenze col cristianesimo, il 25 dicembre si celebrava il Natalis solis invicti (Nascita del Sole invicto). Dato che quest’ultima festa era molto radicata in Roma si dovette sostituirla, nel IV° secolo, con la nascita del Cristo (Sole nuovo).

Lasciamo a chi volesse queste disquisizioni tra paganesimo e cristianesimo e vediamo alcuni aspetti che, presso di noi si sono conservati.

Si aveva, un tempo, una festa esterna e una interna alla famiglia. In entrambe, però, era presente il fuoco, simboleggiante e inneggiante al Sole. Fuori si dava vita al fuoco comune, attorno al quale si riuniva il rione, facendo prove di coraggio nel saltarne le fiamme. Questo aveva, anche presso i pagani, valore di purificazione. In famiglia si accendeva il fuoco, ponendovi un ciocco scelto fra i più grossi. Lo si faceva in onore della Luce nuova.

Accanto a quel fuoco si riuniva la famiglia, si raccontava, si scherzava… Le anziane detentrici della magia bianca iniziavano, chi dimostrava predisposizioni e giurava segretezza assoluta delle pratiche. Perché quella del Natale si riteneva notte magica, nella quale le fontane scorrevano olio e vino. Un esempio di tanta magia è riportato dal Padula ne La Notte di Natale, alla quale rinviamo.

In ogni casa si allestiva il presepio, che riproduceva scene della vita agro-pastorale e i nostri luoghi ricchi di monti e d’acque.

Riportare tutto quello al quale si dava vita è impossibile, perciò, diciamo qualcosa e facciamo qualche accenno.

Quella festività era attesa, soprattutto, per fare, finalmente, una bella mangiata con un lauto cenone, per chi poteva permetterselo. Altri si affidava al ricco buon cuore dei vicini; alcuni resi irriconoscibili dal camuffarsi andavano per le porte a chiedere: – M’ ‘a dunàti ‘ncuna cosa, ppe’ l’amor’ ‘u Bomminu? – (Mi date qualche cosa, per amore del Bambino?). Quelle figure rappresentavano la Sacra Famiglia peregrinante. Nessuno, anche il più povero, negava nulla. Scattava la solidarietà.

Ognuno, così poteva avere nel cenone magro o ricco le novi cosi: nove pietanze (si fa per dire, perché si contavano anche i diversi tipi di frutta per raggiungere quel numero, che rappresentava i nove mesi di gestazione di Maria).

L’attività benaugurale incominciava da lontano con le fritture: le frittilia dei Romani; con la preparazione del pane di natale (natalìsi), e tanto e tant’altro.

Una curiosità. Si parla del panettone, invenzione dei Lombardi. In Napoli e Roma si aveva il Pan giallo, al quale nessuno fa riferimento. Questo era un dolce a base di farina, zafferano, mandorle, nocciole, uva passa, fichi secchi. Un antenato o fonte d’ispirazione per il futuro panettone?

A mezzanotte era d’obbligo per quasi tutti della messa di mezzanotte.

Si lasciava la tavola apparecchiata, perché, in quella notte magica, si sarebbe recata a mangiare la Sacra Famiglia.

Una curiosità: alla nascita del Bambino si levava, in chiesa, una salve di fischi di gioia, in onore del Nato.

Nel dopoguerra alcuni anziani che si azzardarono a dar vita a quella pratica furono redarguiti da un arciprete che, calato in Acri dalla vicina Bisignano, non conosceva il significato di quei fischi. Quei miseri, con la coda fra le gambe, come cani bastonati, non comprendendo quella reprimenda uscirono dalla chiesa e non vi misero più piede.

Gli adulti cantavano la strina con canti augurali agli abitanti delle varie case e ricevevano bicchieri di vino e altro. I ragazzi ricevevano da strina dagli adulti di casa.

Altra domanda: – Da dove deriva tutto questo?

A Roma si adorava una dea denominata Strenia. Ella presiedeva ai doni e ai guadagni, che capitavano inattesi. Come è immaginabile, la dea s’impetrava per ingenerare generosi pensieri a chi doveva concedere qualche dono.

C’era un bosco che le era dedicato, in esso si cercava un rametto di verbena, per regalarlo come simbolo di augurio e di felicità.

Questo è l’origine della strenna.

È ora di far punto. Il Natale, anche se “sottotono”, come quello che viviamo, ha sempre il suo fascino, che è fascino antico.

Giuseppe Abbruzzo

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