Il Covid e la morte scomoda

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Ho la ‘vaga’ sensazione che in questi tempi di pestilenza imperi sovrana la follia, una follia che ha contagiato non solo l’uomo della strada ma anche la politica, la cultura, le istituzioni e i media.

In ogni luogo, in ogni incontro, in ogni dibattito si assiste inspiegabilmente alla diatriba tra coloro che in qualche modo vogliono maggiore attenzione al contenimento del virus e coloro che sconsideratamente invocano apertura di discoteche, piste da sci, piscine, e ogni altra attività senza alcuna considerazione al pericolo di morte che ogni giorno miete centinaia di vittime soprattutto fra gli strati più poveri e meno giovani della popolazione.

Questo atteggiamento cinico è diventato tipico fra i cosiddetti negazionisti, fra i no vax, in una parte di giovani scapestrati che, in preda ai fumi della gioventù, sfidano la pestilenza e la contraggono portandola a casa come regalo natalizio a genitori e nonni; a tutti costoro, veri untori materiali, va aggiunto tanta, troppa parte di una destra imbecille che, portando avanti il solito atteggiamento del ‘me ne frego’, predica il ‘verbo’ dell’avvelenamento delle coscienze che rappresenta un pericolo ancora maggiore degli stessi untori fisici.

E’ una destra fascistoide, questa, che in Italia non è mai scomparsa, dietro alla quale si coagulano purtroppo estese fasce dell’opinione pubblica e, ahimè, anche una parte dell’intellettualità fumettara, che si permette il lusso di gridare a squarciagola sulle reti TV l’idiozia che ‘Il virus esiste solo nelle menti malate della sinistra’.

Di fronte a tali attentati alla convivenza civile nessuno ha il coraggio di gridare allo scandalo se non pochissime voci ‘clamantes in deserto’, voci troppo deboli per potere essere di rilievo e di contenimento alla follia distruttiva del vivere civile.

D’altra parte, la ‘sinistra’, che doveva e poteva costituire un argine al dilagare di questa destra senza alcuna identità, si è da tempo smarrita e infossata in una palude paralizzante non solo per incapacità propositiva ma anche culturale, diventando così una specie di esercito di Franceschiello in mano di volta in volta alle varie lobby in cerca solo di affari e di autodifesa, totalmente aliene agli interessi collettivi.

Tutto questo, nel tempo ormai lungo oltre vent’anni, ha generato politiche e governi che vivono alla giornata, che sono senza identità, o al massimo, il meno peggio, come quello attuale che ogni giorno per reggersi in piedi è costretto a spendere ogni energia per tenere a bada piccoli cespugli pieni di insidie, in cui si annidano avventurieri di ogni risma, invece di impegnarsi nella progettazione di interventi atti ad affrontare le grandi sfide e bisogni che affliggono la società.

Un governo che, proprio per le insidie di questi cespugli, perde spesso la bussola e concepisce idee balzane e contraddittorie come quella di invitare la gente a stare a casa e, nello stesso tempo, a riversarsi in fretta per le strade a fare ‘shopping’ con lo sconto di stato.

Ed è così che media, istituzioni, negazionisti e non, intellettuali da strapazzo e pennivendoli di ogni razza non spendono una sola parola per le povere migliaia di morti che ogni giorno scompaiono senza lasciare traccia alcuna, mentre nei vari programmi delle TV di Stato e private non una sola parola si spende per queste morti, non una sola lacrima si versa: è quasi proibito, disdicevole piangere per esse, eppure non c’è famiglia ormai che non abbia pagato il proprio tributo alla pestilenza. Niente, non bisogna parlarne, non bisogna turbare le ‘feste’, che devono essere allietate solo da programmi di intrattenimento, in cui, fra l’altro, si presentano ‘strenne natalizie’ come quelle annuali dell’intramontabile, rassicurante e divino Bruno Vespa.

Della morte, insomma, non si deve parlare, nemmeno nelle omelie domenicali dei parroci, solo il Papa ogni tanto può farlo dall’alto della sua Cattedra senza destare eccessivo scandalo e indignazione nei bravi fedeli; e così sia!            

Vincenzo Rizzuto

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