Il divario della Calabria col resto d’Italia non è casuale

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Lo sperpero che si fa in Calabria delle (pur ridotte) risorse economiche stanziate dallo Stato è arrivato quasi a “privare” i cittadini dei servizi di civiltà essenziali (fra tutte l’assistenza sanitaria, senza dimenticare il numero di aule scolastiche, la depurazione delle acque, il servizio idrico ed elettrico, la viabilità, ecc.) e dei provvedimenti di prevenzione/protezione dai disastri naturali.
Nel campo sanitario è stato il deficit di cassa, dovuto anche per pagamenti a cliniche private per forniture fittizie, a provocare lo smantellamento di molti presidi ospedalieri pubblici (Acri, Cariati, Lungro, Praia a Mare, San Giovanni in Fiore, Trebisacce, nella sola provincia di Cosenza), ora più che mai necessari sia per evitare il pendolarismo sanitario nelle altre regioni sia per rispondere efficacemente alla pandemia da covid-19.
Nel campo climatico-paesaggistico, la cattiva progettazione/esecuzione delle opere e/o gli abusi perpetrati all’ambiente naturale (non ultimi gli incendi boschivi) sono state le cause che hanno provocato inondazioni di centri abitati, periodici dissesti idrogeologici e forti erosioni costiere. La natura è quella che è, ma l’uomo, ignorandola o non rispettandola, ci mette molto di suo per amplificarne l’azione modificatrice.
Un esempio su tutti è la costa dell’Alto Jonio cosentino!
Questo tratto di litorale è soggetto da sempre ad una continua erosione a causa prevalentemente dei venti di libeccio e parimenti beneficia, da oltre trent’anni, di cospicui finanziamenti per la costruzione di opere di salvaguardia.
Dalla periodicità e dalla molteplicità degli interventi eseguiti (barriere in elevazione e sommerse, argini, pennelli, ripascimenti, ecc.) si può dedurre che i provvedimenti, in tutto questo tempo, non hanno sortito alcun effetto se non la produzione di un grande sperpero di denaro pubblico. Infatti, sarà stato forse per le progettualità approssimate o per qualche carenza nell’esecuzione dei lavori o per dare sollievo alla disoccupazione, i litorali prospicienti i centri urbani di due paesi jonici presentano tuttora la stessa vulnerabilità all’azione dei marosi che avevano oltre trent’anni fa.
La vera causa, probabilmente, non la confesserà nessun cittadino dei due comuni, ma è evidente a tutti che la decisione di costruire una strada urbana sulla rispettiva spiaggia, stretta e ciottolosa, se ha permesso di ottenere due discutibili “lungomari” e l’accesso alle case-vacanze costruite a ridosso della battigia, ha di fatto tolto al flusso turistico estivo una consistente superficie. Inoltre tale decisione non ha ben valutato l’azione dei marosi sulla stabilità delle fondazioni delle due strutture stradali. Questo stillicidio di finanziamenti per realizzare la messa in sicurezza (mai raggiunta) degli stessi tratti di litorale priva tuttora di altri servizi i circa 5.000 cittadini dei due paesi jonici.
Come si può, a questo punto, pensare che la Calabria sia perseguitata da un amaro destino da risultare l’ultima fra le regioni d’Italia, se i suoi abitanti non tutelano adeguatamente il valore paesaggistico delle sue coste, dei suoi monti, dei suoi boschi e sottovalutano l’azione dei fenomeni naturali (acquazzoni, mareggiate, ecc.) sul proprio ambiente? La ragionevolezza dovrebbe aiutare il cittadino o l’amministratore a manifestare tutto il suo senso civico.
Francesco Foggia

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