Quarant’anni fa il terremoto in Irpinia: emblema di solidarietà e tant’altro
Novembre 1980 – Novembre 220. Sono passati quarant’anni da sisma che colpì l’Irpinia, disseminando morti e disperazione. Fu, quell’evento, anche l’esempio di uno Stato latitante, che mandò i primi soccorsi dopo giorni dall’evento. I giornalisti e le troupe televisive arrivarono prima dei soccorsi statali e, spesso, i cronisti si confusero con gli abitanti, dando una mano a rimuovere le macerie. In mezzo a tanti fanfaroni, ci fu, però, un grande Presidente della Repubblica (forse il più grande), che si precipitò in quei luoghi e, rientrato a Roma, scosse le coscienze e non solo, intervenendo con messaggio a reti unificate.
Il sisma del 1980 provocò quasi tremila morti, oltre 8mila feriti 280mila sfollati. Il fiume di denaro stanziato negli anni successivi finì però in clientele e ad arricchire la camorra
Oltre che emblema di una macchina di soccorsi farraginosa e inefficiente, quel sisma mostrò tante altre crepe, oltre a quelle impresse sui muri fatiscenti. Venne alla luce nitidamente come una speculazione edilizia selvaggia, incontrollata, aveva permesso a costruttori pubblici e privati di stampare case ed edifici senza regole e senza controlli, in totale inosservanza di qualsiasi norma antisismica. Nacquero, nell’immediato, dei comitati spontanei di cittadini, nei vari centri, che si assunsero nell’immediato la responsabilità dei provvedimenti più urgenti, provvedendo alla fornitura prima di tende, poi di prefabbricati e si posero il problema di come ricostruire. Dopo circa sei mesi, la politica pensò bene di spodestare quei comitati. Gli interessi in gioco erano tanti e non si poteva perdere un’occasione così ghiotta. La ricostruzione fu lenta e gestita in molti casi da malaffare e malapolitica.
Il sisma dell’Irpinia, così come aveva fatto 14 anni prima l’alluvione di Firenze, scosse le coscienze dei singoli, specie dei giovani, che, come nel 1966 nel capoluogo toscano, accorsero nei luoghi del terremoto da ogni parte d’Italia, adoperandosi per fornire aiuti materiali e prestare opera di soccorso. Fu una sorta di rivoluzione civile, che contribuì al recupero di uno spirito unitario a dare, anche all’estero, l’idea di un Paese compatto, dove la volontà dei singoli sopperiva alle deficienza dello Stato. Dopo quel sisma nacque in Italia, nel 1981, il Dipartimento della Protezione civile così come l’abbiamo conosciuto negli anni successivi. Dalle macerie lucane nacquero una serie di iniziative volte a sopperire a quello che sembrava una sorta di peccato originale della prevenzione: la mancanza di coordinamento delle forze, che, da allora, vennero concentrati e maggiormente canalizzati. Resta il fatto che quell’evento poco ha insegnato in termini di prevenzione e di rispetto delle norme antisismiche e gli eventi successivi, fino ai giorni nostri ne sono una drammatica testimonianza. Ci piace concludere con Omero, i cui versi si adattano perfettamente a quanto descritto
“Poh!” disse Giove, “incolperà l’uom dunque
Sempre gli dèi? Quando a se stesso i mali
Fabbrica, de’ suoi mali a noi dà carco,
E la stoltezza sua chiama destino
(Odissea, libro primo (50))
Massimo Conocchia
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