I corregionali presentano Pietro Fumel
Chi ha la bontà di seguirci ricorderà che tempo fa abbiamo presentato documenti di vari Comuni: dal nostro capoluogo di provincia, a Bisignano ecc. ecc. che si affannarono a concedere la cittadinanza onoraria a Fumel.
Non sappiamo come siano stati giudicati quei documenti e quale giudizio si è dato su chi scrive, volendo far rilevare come dalla storia ufficiale alla Storia vi sia una distanza abissale, essendo la prima inficiata di spirito partigianeria.
Ora vi proponiamo un giudizio, espresso da un giornalista corregionale del Fumel, apparso sul giornale Croce di Savoia di Torino.
Siamo nel 1863. L’articolo fu ripreso da varie testate liberali. Una di queste pubblicò la seguente premessa:
“Crediamo cosa utilissima e riguardante molto da vicino la nostra cronaca, la biografia del Fumel, (…) che ha fatto scorrere tanto sangue cittadino in Calabria, e che oggi il solo nome è in quelle contrade, oggetto di terrore e di spavento”.
Ricordiamo che Pietro Fumel, da Celico scriveva, nel marzo 1862: “Tutte le pagliaie e le case di campagna devono essere bruciate. Chi darà ricovero e sussistenza ai briganti, sarà immediatamente fucilato”.
Carlo Antonio Manhes, che operò durante la dominazione dei napoleonidi, con metodi feroci, impallidisce davanti a Fumel, che agì con torture e fucilazioni senza garanzie lagali per i malcapitati.
Ecco l’articoli del quale si è detto: “In nome dell’Europa civile, in nome dell’umanità, in nome del plebiscito, chiediamo noi:
– Sapete chi sia il Fumel?…
– Sapete le sue carneficine in Calabria, e tutti gli episodi di drammi orribili seguiti colà?
Intanto diremo a voi se lo ignorate, e al mondo, chi sia il Fumel che il Governo d’Italia tollerò se non costui quale Dittatore, sovrano, e giudice senza controllo, amalgamando con incostituzionale scandalo le varie disparate attribuzioni del potere principesco, e mettendo a morte le centinaja di cittadini, e gli stessi inermi cattivi, senza intervento delle cautele giuridiche e senza la garenzia della magistratura togata, unica applicatrice disinteressata delle sanzioni penali, e superiori alle ire civili ed allo spirito di parte.
ll Fumel è nativo d’Ivrea: la guardia nazionale, per molte ragioni, e in ispecie per difetto di censo, non lo aveva ascritto a suoi ruoli.
Sopravvenne il 1860. Fumel diventò garibaldino, non per amore all’Italia, ma perché la guerra irregolare presentava, come a molti altri, alla sua fantasia fortune e vantaggi.
In seguito ritornato all’ozio abituale di Ivrea, si volle cacciare nelle file della Guardia nazionale mobilizzata ,e partì con essa come surrogato; la sua fierezza e la violenza insolita lo fecero distinguere, e i meridionali si raccomandarono al Fumel, come le rane al Re serpente.
Il nome di Fumel improvvisato maggiore, suonò spaventoso nelle Calabrie, perché gli innocenti ebbero a temere ad ogni momento di essere coinvolti nelle stragi fatte da costui, i cui eccessi nella compressione fecero dimenticare il Pinelli, fiero ma giusto. Il Fumel si dà l’aria di un colonnello dell’Esercito regolare, mentre non fu mai neanco sotto-caporale nelle nobili ordinanze dell’oste italiana, e il Governo massime quello del 1862, ebbe il massimo torto di lasciare pieni poteri ad un uomo privo d’ogni qualità legale, militare o civile”.
Così procedeva chi aveva promesso, libertà, giustizia e tant’altro.
Non aggiungiamo nulla. Il giudizio ai lettori.
Giuseppe Abbruzzo