Sanità, Società, Civiltà
Lo so, è retorico e pleonastico seguire nell’occuparsi di temi così presenti nella nostra quotidianità, quasi dal volerne rifuggire e affrancarsi da una sorta di ossessione alla quale i media hanno dato, inoltre, una enfasi estrema.
Tuttavia, da cittadino, da persona civile, da componente della società non posso non mettere in evidenza ancora una volta quanto siamo in ritardo e malconci per un insieme di servizi, di cui la sanità pubblica, in questo momento è senza dubbio la cruna dell’ago.
La parola servizio pubblico, alle nostre estreme latitudini appare, in molte occasioni, avvolta da una cortina di superficialità, mista al fatalismo che da sempre ci contraddistingue: fino a quando non abbiamo necessità di qualcosa -che si profila come un servizio da richiedere, ottenere- tutto va bene e scorre, quando poi ci troviamo difronte ad una qualsiasi necessità dalla più semplice alla più complessa, ad una impellente emergenza, allora ci rendiamo conto dell’inefficienza del sistema. Nei paesi civili, nelle realtà emancipate il termine servizio, unito a pubblico, ha un alto valore civico e sociale, e significa restituire al cittadino quanto egli investe in tasse, e nel migliore dei modi possibili.
Ma nel nostro per nulla dorato, confuso e piuttosto sfumato verso il piombo, nonché contorto sistema socio-politico meridionale, e calabrese in particolare, i due termini sono spesso in antitesi, se non addirittura privi del loro reale significato.
Lo stato in cui versano gli ospedali calabresi, la dismissione della rete ospedaliera minore, la perdita di professionalità, la superficialità con cui vengono, in molti casi, trattati i pazienti dal personale medico e non, rappresenta, oggi l’apice di questa piramide vuota in cui il cittadino non trova risposte ai suoi bisogni, a volte anche più gravi della pandemia del Covid, o addirittura anche semplici, ma comunque resi insormontabili dallo sfaldamento progressivo di un modello di assistenza sbriciolato a colpi di disinteresse progressivo e sistematico.
Francesco, il papa rivoluzionario, dice che non possiamo più girarci dall’altra parte e fare finta di niente. La distruzione della natura e il dilagare della pandemia sono così evidenti e sconvolgenti, ma ancora in molti, stolti, dichiarano che è tutto finto.
Per restare in Calabria, a Cosenza e Reggio Calabria, a Lamezia, anziché ribellarsi contro la mancanza dei servizi, la carenza sanitaria, si protesta contro la zona rossa, e persino l’attuale Presidente, facente funzione, Nino Spirlì si è sentito in dovere di sparare la sua banalità, dicendo che non si spiega il perchè del “rosso” alla Calabria e che non abbiamo bisogno di uno gigante come Gino Strada, però ci prendiamo (vabbè!) tale Zuccatelli che fa pure rima con quel Cotticelli!
Si vede che vive altrove. Qui, esimio Presidente di una Regione allo sbando da diversi decenni, la sanità, è distrutta e resta in funzione per la buona volontà di pochi, bravi medici e personale sanitario, gli ospedali sono indecenti a dir poco, quanto nemmeno nei paesi del terzo mondo accade, e basta guardare l’Annunziata di Cosenza per rendersi conto di quanto incivile sia il senso di degrado in cui sono curati i pazienti. Così hanno prosperato e seguono crescendo i modelli privati, che pure sarebbero una parte di servizio sanitario se non fossero viziati anche questi da interessi, malaffare e superficialità.
Purtroppo, parlando di servizi e gestione di essi, in Calabria, non è solo la sanità che i signori 5Stelle, complottisti e vittime dei loro stessi complotti, avevano affidato ad un ex generale, che si è dimesso con la pessima figura di un incapace, ma tante altre competenze che sono in mano a impreparati, incolti, insensibili, improvvisatori, solo per mere logiche partitiche, alle quali i signori del “Vaffa” hanno aderito peggio degli altri partiti. Nessuno, del resto, ha mai brillato nel fare la differenza, tanto a destra, sinistra, centro: la logica è uguale per tutti, ossia piazzare uomini di fiducia, senza competenze, per gestire potere, voti e garantire clientele. Niente altro, purtroppo, anche se è triste, doloroso, ammetterlo, se non questo.
Contro questo modello, che ha distrutto bellezza, sapienza, inventiva, professionalità, conoscenza, ha umiliato, e umilia i calabresi, e li ha costretti a fuggire ovunque, oppure, a quelli rimasti, a rintanarsi in spazi privati lontani sempre più dal pubblico, è necessario opporre una nuova Resistenza. E qui invoco il piglio battagliero dei guerrieri Bruzi, la genialità e sensibilità ante litteram di Gioacchino da Fiore, la bellezza dei paesaggi della Sila dove ha fondato la sua Abbazia e costruito il suo pensiero filosofico, la presenza di una natura forte, benché maltrattata, le ultime sacche di artigianato, le buone, sane industrie, le produzioni agricole, il buon cibo, la cultura e le sue radici antiche che Corrado Alvaro ha incarnato e incarna tuttora come grande scrittore calabrese, le buone e tante ormai biologiche, i giovani e non solo, che sono tornati o sono rimasti, il desiderio di cambiare, che è forte e sta prendendo piede, di mandare a casa la politica cialtronara, tutta, di destra e sinistra, che già decide i candidati alle prossime regionali come se avessimo tutti l’anello al naso.
Sta per finire une epoca e i signori del voto di scambio e dell’inciucio non se ne sono ancora accorti.
Papa Francesco è il faro di questa non tanto silenziosa rivoluzione, lui l’esempio cui guardare, non le segreterie dei partiti, che vadano a casa, loro si in lockdown permanente!
Pino Scaglione