Il concetto di resilienza nel dialetto acrese

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Il termine resilienza è divenuto assai di moda in tempi recenti: dal latino resiliens, participio  presente di resilire (saltare dietro, in pratica rimbalzare nell’accezione più ampia), è stato usato inizialmente in fisica per definire la capacità di un materiale di resistere agli urti, assorbendo l’energia attraverso una deformazione plastica. Il suo significato è stato adattato, in tempi più recenti,  al campo della psicologia per definire la capacità di un individuo di reagire a un trauma, facendone, anzi, un’occasione positiva.

Nel nostro dialetto esistono alcuni detti popolari che ben definiscono questo concetto e la straordinaria capacità dell’individuo di reagire a eventi traumatici, rafforzandosi e reagendo positivamente. Vi proponiamo, pertanto, un  testo sul tema:

Allu munnu de oji nugnunu parra,

ma supra ‘a vita mia ‘nun c’è chi diri.

Chi mi mina de cuozzu e chi de tagliu

E chi de punta mi mina ppe’ moriri

Ma m’ajiu e fàri ‘na danetta a maglia

Ppe’ ricevari li corpi e nu’ moriri.

E mo’ chi signu misu a ‘ssa battaglia

O combatteri e vinceri o moriri! *

Si tratta di un testo di straordinaria bellezza in quanto infonde coraggio e capacità di reagire agli attacchi della vita con spirito combattivo e propositivo. Un concetto nostrano e ante litteram di resilienza, che ci piace ripescare e riproporre come filosofia esistenziale.

Dalle nostre parti esiste un altro detto bellissimo, più sintetico ma egualmente incisivo:

 Vasciati juncu,

Ch’ ‘a passa la china. **

Anche in questo caso si tratta di un’espressione che invita a lasciarsi attraversare dagli eventi, divenendo duttili e flessibili fino a quando non è passata la piena. E’ proprio in questo che consiste la resilienza, la capacità di un individuo di fare “muro di gomma” di fronte agli eventi, in modo tale da non lasciarsi scalfire e, al tempo stesso, farne tesoro e rafforzarsi.

Molto spesso ricorriamo alla saggezza popolare, la cui filosofia è derivata da esperienze della vita quotidiana ed esprime un vissuto che ci parla e ci trasmette tantissimo. Sarebbe errato lasciare che il tempo distrugga testi, composizioni, espressioni, detti, che, se lasciati alla trasmissione verbale, verrebbero fagocitati e coperti dalla polvere e dall’oblio.

Massimo Conocchia .   

*( Al mondo d’oggi ognuno parla, ma sulla mia vita non c’è nulla da dire. Chi mi colpisce di piatto e chi di taglio e chi di punta mi colpisce per ammazzarmi. Ma dovrò munirmi di una calzamaglia in ferro per assorbire i colpi e non morire. E ora che mi trovo in questa battaglia, o combattere e vincere o morire!).

**(piegati giunco che passa la piena).

Massimo Conocchia

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