Alcune, interessanti, connotazioni caratteriali del calabrese.

Uno dei nostri detti popolari più belli è quello che ci vorrebbe indurre a una cautela di fondo nei rapporti umani. Una diffidenza di base che, storicamente, ha sempre contraddistinto il calabrese, al punto che questi difficilmente si apre, anche di fronte a un amico.


“Amicu chi vu beni all’àtru amicu, ‘un li fidàri  quanti tieni ‘n’cori!

Vena ‘nnu juornu e ti sarà nimicu, tutti i secreti tua ti caccia fori.

Amadu biellu e gabbadu cuntientu ccu’ chiacchiari, ccu’
ninnudi e parodi” *

*(Amico che vuoi bene a un altro amico, non fidarti di dichiarargli i segreti del tuo cuore! Verrà un giorno e sarà tuo nemico e tutti i tuoi segreti caccerà fuori. Amalo bello e gabbalo contento con chiacchiere, con giochi e parole)


In questo detto popolare c’è tutta una filosofia di vita, apparentemente triste, con una sostanziale diffidenza nel genere
umano, indegno di fiducia alcuna. La ragione di una simile visione della vita e del mondo risiede in una condizione di subalternità, in virtù della quale il popolo si è sempre trovato a lottare e si è quotidianamente scontrato con chi ha
tentato di gabbarlo e sfruttarlo. Da qui l’invito a non voltare le spalle, a non cedere alle debolezze del cuore, che rischierebbero di farci aprire a chi ci è amico. Il monito che questi un giorno possa trovarsi in una situazione diversa e tradire i nostri segreti e la nostra fiducia, induce ad un atteggiamento che ci ha a lungo contraddistinto, caratterizzato da sfiducia, chiusura, diffidenza. Una diffidenza preventiva e difensiva, che, ben lungi dal manifestare una scarsa propensione ai sentimenti, ammonisce a non lasciarci troppo trasportare dagli affetti per evitare future ritorsioni.
Il calabrese ha un’aria riservata, diffidente, riflessiva e insieme timida” … “E’ una vita alla quale bisogna essere iniziati per capirla, essere nati per amarla, tanto è piena, come la contrada, di pietre e di spine” (C. Alvaro).
Per capire la Calabria, bisogna, anzitutto, capire i calabresi e per farlo bisogna calarsi nei meandri della nostra travagliata storia, della nostra contorta geografia. Bisogna, in sintesi, studiare questo corpo sociale alla stregua di come un medico fa con un paziente complesso, valutare le ferite, i segni del tempo e le stimmate impresse da varie epoche, ognuna delle quali ha portato, spesso, dominazioni, sfruttamento, vessazioni. L’esame, anche superficiale, di questo corpo, sul quale, oltre ad Alvaro, fior di studiosi si sono cimentati, permette di comprendere a fondo alcuni elementi caratteriali della nostra gente. La diffidenza di fondo verso l’esterno, per i motivi sopra citati, ha portato allo sviluppo di un modello sociale a compartimenti stagni,  nel quale i passaggi tra gli strati erano difficilissimi se non impossibili, e contestualmente a una strutturazione sociale in micro cerchi concentrici. Tutto si svolgeva, e in parte si svolge, all’interno del cerchio. Il primo cerchio è quello familiare: si tratta di un modello chiuso, una sorta di pigna, nel quale nulla deve trapelare al di fuori e tutto deve risolversi al suo interno. Questo modello, in qualche caso, a seconda delle esigenze e  delle opportunità,  può allargarsi al rione, a un settore o all’intero territorio nel quale viviamo, ma nulla di più. La strutturazione concentrica rende ragione del sostanziale immobilismo e irrigidimento nei rapporti con “l’esterno”, che debbono necessariamente limitarsi all’essenziale. I rapporti con gli altri cerchi, sono regolati da un principio di fondo: cercare di non guastare gli equilibri e tenersela buona con tutti, “un po’ per abitudine, perché non si sa mai” (Guccini, “Il pensionato”). La paura che un giorno si possa avere bisogno di qualcuno, induce a tenere apparenti buoni rapporti con tutti. Questo aspetto si nota maggiormente in campagna elettorale: in Calabria sono realmente pochi coloro che manifestano apertamente le loro intenzioni di voto prima dell’esito dello scrutinio. Tutti votano per tutti e garantiscono appoggio a chiunque bussi alla porta. Nelle elezioni amministrative, poi, non è infrequente, in uno stesso nucleo familiare, che si arrivi a una ripartizione delle varie preferenze tra i membri familiari in modo da non scontentare nessuno e potere, il giorno dopo, professarsi sostenitore del vincitore, chiunque esso sia. Questi ed altri aspetti, che sarebbe lungo trattare in un articolo, danno ragione di alcuni elementi che rendono la nostra terra estremamente interessante da un punto di vista socio antropologico.

Massimo Conocchia .





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