L’estate è finita, la libera anarchia acrese no!

Un temporale violento per oltre due giorni e notti, si è portato via l’estate e tutte le illusioni di “rinascita” acrese. Inaugurazioni di edifici, promesse altisonanti per gallerie scure e cieche, che tali resteranno, murales e dintorni, un po’ di turisti (localissimi, ma vanno bene) che hanno dato l’illusione di mostrare una discreta vivacità acrese, soprattutto quando i civilissimi locali, sono stati costretti a lasciare le loro automobili, non più felicemente in doppia o tripla fila, bensì addirittura in quarta! Perché è noto che il turista (locale) quando torna in patria (ad Acri per esempio) se ne fotte delle regole che ha imparato altrove (dove un grado di civiltà minima impone di non lasciare quanto meno l’auto in doppia fila) e torna a non rispettare alcuna regola. Magari perché si guarda intorno e vede che non lo fa nessuno, perciò si dice “ma si, che mi frega, anche io in doppia e tripla fila!”…

Ma questo sarebbe il male minore della libera repubblica(?) anarchica acrese, perché il caos e l’anarchia, l’improvvisazione appunto, regnano ovunque, dagli uffici pubblici in cui districarsi tra qualche normale richiesta diventa una corsa ad ostacoli, malgrado la cordialità e disponibilità di qualcuno del personale, fino ai diversi, annunciati programmi di grandi cambiamenti, di poli (o polli?) museali di grande attrazione, che avrebbero dovuto dare a questa piccola città (tale nelle forme) paesana (purtroppo nella diffusa mentalità), un respiro diverso.

Ma si sa, il Covid ha reso tutto più difficile, al punto però da ridestare dal torpore estivo i solerti amministratori, i quali sognano (soltanto) che l’ospedale sarà trasformato in un gioiello sanitario regionale (in realtà cade a pezzi e il personale è tra i più demotivati d’Italia), che aprirà tra poco il vetusto (oltre 14 anni di vita vissuta male!) Palazzetto dello Sport, con una trionfale inaugurazione, alla quale prenderanno parte, come nei migliori racconti di Camilleri, in primis il signor Prifetto, poi u Prisidenteda Provincia (che non può mancare), e via dicendo la sfilza di autorevoli autorità necessarie. Peccato però che mancano invece sempre i cittadini veri, a queste sontuose inaugurazioni, e nelle previsioni di costi di manutenzione e gestione mancano sempre i medesimi cittadini che pagano, perché tra un anno sarà una struttura che dovrà chiudere perché le migliaia di spettatori attesi non solo non potranno esserci sempre causa Covid, ma perché la Calabria è piena di palazzetti dove svolgere eventuali attività simili, anche migliori e più accessibili di Acri, e la spesa sarà così alta che avremo un altro rudere moderno. Lo stesso accadrà per il grande teatro comunale, così come per le nuove realizzazioni sparse qua e là, del tutto casuali, forse inutili perché senza nessun programma urbanistico e strategico che ne preveda una reale funzionalità a servizio della città e dei cittadini. Al vuoto di idee si aggiunge quello delle stanze del potere, nelle quali tra maggioranza e opposizione acresi, ci sembra non si intraveda nessun nuovo “astro” capace di far brillare e illuminare una nuova stagione di cambiamento. Se non sarà la società civile acrese a scendere in campo rivendicando una vita migliore, una città che rinasca non sui proclami e le promesse, ma su poche concrete, ma reali idee di qualità e capaci di farci uscire dallo spopolamento e dall’isolamento, di inserirci in un vero circuito culturale e dentro un ciclo di nuove economia basata su altri principi, attenta alla salvaguardia ecologica e alla natura, la repubblica anarchica acrese prosegue la sua corsa verso l’autoimplosione inevitabile.

Insomma il fulgido caldo sole estivo, ci ha abbagliati per un po’, ma l’arrivo imprevisto dell’inverno, saltando l’autunno, ci ha costretti a fare i conti con la realtà più amara. Prenderne atto vuol dire rimboccarsi le maniche, darsi da fare davvero e dimenticare “u’ damientu”!

Pino Scaglione

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