Il sottile confine tra tifo e violenza: il caso Acri-San Lucido degli anni Settanta
Acri ha sempre contato su una folta tifoseria. Dire che lo spirito dei tifosi sia, storicamente, sempre stato ispirato alla massima di Pierre de Coubertin, sarebbe molto poco aderente alla realtà. Soprattutto nel Secolo scorso, capitava, non infrequentemente, che gli incontri calcistici culminassero con agitazioni e qualche caso di violenza tra opposte tifoserie. Una quarantina di anni fa, ricordiamo il caso di una partita, terminata la quale arbitro e guardalinee non poterono lasciare gli spogliatoi fino a tarda sera, scortati dalle forze dell’ordine. Una partita è rimasta per tempo viva nell’immaginario collettivo dì molti e si riferisce all’incontro Acri – San Lucido dei primi anni Settanta. Si trattava del girone di ritorno del campionato ed era stato decido dalla Lega che si giocasse in campo neutro al San Vito di Cosenza, in quanto in quella d’andata, ad Acri, c’erano stati disordini e violenze. Le premesse della vigilia non erano rosee e grande era il timore di scontri. Da Acri partirono diversi pullman alla volta di Cosenza. Già prima dell’incontro, davanti allo stadio erano cominciati i primi scontri. I tifosi del San Lucido avevano una gran voglia di rivalsa è cominciarono un’opera di provocazione cui gli acresi non si sottrassero. Un tifoso del San Lucido, non molto altro ma agile e scattante come una trottola, aveva già messo a terra non pochi dei nostri concittadini. All’arrivo dell’ultimo pullman lo scenario era a dir poco agghiacciante, per cui uno storico tifoso acrese, nonché uno dei nostri personaggi più noti e simpatici, smontò una bandiera per servirsi dell’asta, che, prontamente, scaraventò dietro l’orecchio dell’irruento tifoso del San Lucido, che stramazzò a terra esanime. I tifosi acresi, convinti che l’uomo a terra fosse morto, si squagliarono come poterono, dileguandosi fra gli spalti. A incontro in corso la polizia entrò nello stadio alla ricerca dei responsabili dei disordini. L’autore del gesto estremo sul tifoso del San Lucio, terrorizzato dall’accusa di omicidio, saltò il muro dello stadio e raggiunse Acri con mezzi di fortuna. Nella nostra città c’era la processione del Corpus Domini, che, per tradizione, voleva il Sindaco e il maresciallo dei carabinieri a sostenere il patio al parroco. Il nostro uomo, per dare supporto al fatto che non si fosse mosso da Acri, si introdusse nella processione e, più volte, pesto il piede destro del maresciallo al punto da farsi redarguire da questi, in modo da rendere indelebile la sua presenza all’evento. Il gesto, per quanto astuto, non servì, e, nottetempo, i carabinieri si recarono a casa del nostro uomo a prelevarlo. Il tifoso del San Lucido, per fortuna, sopravvisse, cavandosela – si fa per dire – con un trauma cranico e un a lieve amnesia dei fatti recenti, di cui si giovò l’avvocato della difesa, che ottenne l’assoluzione degli imputati. L’evento fu di una rilevanza tale che, ancora oggi, è facile trovare qualche attore o testimone superstite di quei fatti, pronto a fornire la sua versione, arricchendola, di volta in volta, di particolari, che, negli anni, hanno contribuito a incrementare portata e dimensione degli eventi.
Massimo Conocchia