Di briganti e di altre storie
Rappresentare o alludere ai briganti nel murales appena ultimato nel centro storico di Acri è sicuramente una scelta tematica azzeccata ma, continuo a ripetere, le architetture intorno vengono private di luce dalla scelta cromatica dell’opera.
Questa foto rappresenta plasticamente ciò che affermo. La fontana è invisibile, la Chiesa di Santa Maria Maggiore è in uno specchio riflesso. Ho già scritto in precedenza che la piazza, già piccola, sembra essere inghiottita in una feritoia buia.
L’agorà è, invece, simbolicamente uno slargo di luce e non di ombre, di condivisione, di scambio, di incontro. In essa solitamente svettano, verso le direttrici di luce, campanili e torri civiche.
Comprendo che il palazzo scelto come tela sia legato al tema del brigantaggio ma, tuttavia, ritengo che sia il muro quanto la scelta del nero siano ridondanti.
Il mantello del brigante, u’ nivuru mantu’, con il quale le nostre nonne ci intimorivano solo a nominarlo, è stato sostanzialmente spalmato su un muro già mortificato in passato dal cemento. Tale muro, come ha ben detto l’ingegnere Caiaro, forse andava rivalutato con una opera di “ripulitura” a nudo delle pietre originali e “raccontato” in altre forme.
La storia narrata dal murales non fa una piega, se riferita alla vicenda delle “caggiarole”; andava ( forse) anche essa “ripulita” attraverso una più attenta analisi del fenomeno del brigantaggio meridionale.
Ovviamente, i colori e le forme devono essere di facile lettura per il pubblico, non si può pretendere una analisi storiografica nella realizzazione dell’opera, tuttavia, la committenza deve aver ben chiaro il “messaggio” da trasmettere a futura memoria.
Tale mia riflessione nulla toglie all’impegno, all’entusiasmo, alla creatività degli autori. Forse la loro opera avrebbe brillato di più nel contesto di ascesa alla piazza, come itinerario narrante, dove vi era lo spazio, lungo i costoni in cemento, e anche il giusto “tempo narrativo” per approfondire il tema.
Non sono un esperto d’arte, né esprimo il giudizio estetico ( che rimane un punto di vista soggettivo) mi limito ad esprimere un parere ( altrettanto soggettivo) in forma pubblica.
Non è “onesto” il contesto, non lo ritengo adatto e con onestà intellettuale lo dico.
Adelinda Zanfini