Perché il toponimo Sant’Angelo?
Chi percorre la strada che da Acri conduce a S. Demetrio C. s’imbatte in una località denominata Sant’Angelo. Diversi si saranno chiesto: – Perché di quel nome? –
Come dicevamo altra volta, nei toponimi è racchiusa parte della storia di Acri.
Va detto che il movimento Basiliano fu esteso in Acri e due monasteri, del detto ordine, erano quello di S. Adriano, ora in Comune di S. Demetrio, e S. Angelo.
In quest’ultimo monastero è ambientata, da Filippo Greco (interessante poeta poco noto, specialmente in Acri), il poemetto dal titolo: La storia di Nilo.
Il toponimo conserva e tramanda che in quel luogo sorgeva un’abazia basiliana, distrutta, poi, nel corso delle incursioni saracene.
Raffaele Capalbo dice di ritrovamenti di oggetti sacri. Ai tempi nostri il luogo dove sorgeva l’abbazia è occupato da case di nuova costruzione.
Notizie su S. Angelo e sue pertinenze le abbiamo nella divisione del demanio. Se ne porta il nome, tra l’abbazia di S. Adriano e il Comune di Acri.
Guglielmo Tocci, riguardo al feudo S. Angelo, scrive che, in un documento di re Roberto non si si sa se fosse compreso fra i beni di S. Adriano:
“se fosse in quel tempo in piedi tuttavia il Cenobio, anche di Basiliani, che ha esistito un tempo in S. Angelo indubitatamente, con un piccolo villaggio, detto Carlatia; come si rileva dal Floro e dalla Platea di S. Adriano”.
Precisiamo che quel Carlatia, toponimo così citato ne La Calabria illustrata del P. Giovanni Fiore da Cropani e nella Platea di S. Adriano, va letto Calamia.
“Certo è poi che, col tempo, questo Casale – continua Tocci – si rese disabitato, e che il Cenobio dei Basiliani di S. Angelo fu aggregato coi suoi beni a quello dei Basiliani di S. Adriano”.
Nella Platea di S. Adriano e nelle grazie, concesse il 26 maggio 1628, dal card. Borghese, si legge della concessione ai Casali, che facevano capo a S. Adriano: “Che a loro sia lecito servirsi di legname morto cascato a terra, e delle frondi delle castagne di detta difesa di S. Angelo, perché questo è solito tanto per li legni morti, quanto per le frondi che bisogni a conservare li grani nelle fosse etc.”.
Nell’ultima parte si apprende un modo di conservazione dei “grani”: interramento in fosse isolate, da ogni parte con foglie di castagni e, opportunamente coperte con buono strato di terra.
Come si vede e come si è dimostrato altre volte, nei toponimi è la storia di Acri, perciò è parte importante per chi volesse scriverne la Storia.
Giuseppe Abbruzzo