Oh mammà, è scoppiato un grosso scandalo
Con queste parole iniziava una nota canzone degli anni ‘60, che riprendeva una precedente degli anni ‘50, cantata in origine da Harry Belafonte. La canzone narrava la vicenda di una famiglia di Trinidad, nella quale il giovane figlio andava più volte dal padre per comunicargli di essersi innamorato di una ragazza ma tutte le volte il genitore smontava l’entusiasmo del figlio, intimandogli di lasciare subito la ragazza in quanto sua sorella, raccomandandogli anche di non farne parola con la madre. I dinieghi si ripeterono per più volte fino a quando il figlio, esausto, andò dalla madre a raccontare la vicenda. La donna, con un sorriso malizioso, rassicurò il figlio dicendogli che avrebbe potuto sposare chi voleva in quanto quello non era realmente il padre. La confessione terminò con la raccomandazione per il figlio di non farne parola con l’uomo, ovviamente all’oscuro. Abbiamo deciso di riprendere questa vecchia canzone in quanto la vicenda narrata calza alla perfezione con alcuni eventi che, in anni lontani, si verificarono in alcune aree a noi molto vicine. Il tenore degli eventi è tale che dobbiamo restare necessariamente vaghi quanto a localizzazione precisa, tempi e, ovviamente, senza alcun riferimento a persone, luoghi e circostanze, nel pieno rispetto delle norme che regolano la privacy. Alcuni decenni addietro scoprimmo che, in alcune zone, la carenza di collegamenti viari aveva determinato una fortissima endogamia. Si sposavano tra consanguinei (cugini di I grado), cosa presente anche in altre aree ma con una frequenza nettamente inferiore. Indagando più a fondo e parlando con alcuni amministratori degli anni ‘60, apprendemmo anche altri particolari, che ci rimandano al testo della canzone citata. In pratica, accadeva che alcune coppie si sposavano avendo un legame familiare molto più forte di quello di cugini di I grado, senza esserne ovviamente a conoscenza. La cosa, per alcuni anni, assunse, evidentemente, proporzioni tali da indurre gli amministratori dell’epoca, di concerto con un prelato, a stilare una sorta di anagrafe non ufficiale, in base alla quale si valutava la possibilità che i futuri sposi fossero parenti. Se il rischio, sulla base di valutazioni ovviamente soggettive, era fondato, partiva un’opera di dissuasione del parroco, che tentava con vari espedienti di impedire queste unioni. Non sappiamo le precise dimensioni della cosa e non siamo in grado di fornire, ovviamente, elementi a supporto. Ci limitiamo a riferire, in maniera totalmente anonima e senza alcun riferimento preciso, quanto raccolto sulla base di voci e opinioni. Altro non siamo in grado di aggiungere. Abbiamo voluto riportare una pura curiosità, svincolandola da ogni riferimento preciso, del quale, ovviamente, facciamo volentieri a meno.
Massimo Conocchia