Sogno di una notte di mezza estate


In questa estate atipica per varie ragioni, dal covid, al meteo instabile, ci vengono spontanee alcune riflessioni. La recente battaglia sui fondi europei, condotta – occorre riconoscerlo – con determinazione e fermezza dal Presidente del Consiglio, ha fatto emergere alcuni aspetti, non nuovi, ma sui quali occorre interrogarsi per gestire meglio il futuro. E’ indubbio che l’Italia è stato il Paese più colpito dalla crisi dovuta alla pandemia ed è certo che l’Europa dovesse rispondere con coraggio e responsabilità. Le trattative su entità e modalità di distribuzione degli aiuti hanno, di fatto, portato alla luce vecchie e nuove divisioni, con un’Unione sepimentata in due blocchi, anzi tre. Da una parte i Paesi cosiddetti forti, che tradizionalmente gestiscono e regolano i giochi, come Germania e Francia, dall’altra una levata di scudi dei Paesi cosiddetti “frugali”, che godono di ampi privilegi economici in ambito comunitario e che, sotto la spinta di ondate populistiche in atto  a casa loro, hanno fatto fronte comune contro l’Italia e la Spagna, etichettati, soprattutto il nostro Paese, come spendaccioni e poco attenti alle risorse, incapaci di riforme strutturali, pronti e piagnucolare e chiedere assistenza. Si è arrivati, addirittura, alla pretesa di controllare direttamente il nostro portafoglio, mettendo becco sulle nostre uscite. A capo di questo gruppo, minoritario, l’Olanda, la Svezia, la Finlandia e l’Austria. Infine, il blocco dei Paesi cosiddetti mediterranei, che rivendicavano un ruolo e una risposta forte dell’Europa a fronte di una crisi senza precedenti.

Sull’assurdità della pretesa dell’Olanda ci siamo già espressi e riteniamo impensabile che un singolo Paese, grande meno un terzo dell’Italia, possa pretendere di porre un veto sugli aiuti nei confronti di un altro Paese, che ha sofferto e sta soffrendo come conseguenza del Covid. E’ il concetto stesso di Unione che veniva messo in crisi da questa  pretesa.

Tutto ciò premesso, occorre riconoscere che alcune riserve avanzate nei confronti del nostro Paese non sono totalmente destituite di fondamento, a cominciare dalla nostra cronica incapacità di riforme strutturali, dalla scarsa lotta alla corruzione, che induce a far pagare il prezzo della crisi ai soliti noti. Sacrosanti sono, inoltre, i dubbi a proposito di problematiche legate   a come i soldi ricevuti verranno spesi. Si potrebbero fare fulgidi esempi di sperpero di danaro pubblico in Italia e di come la malavita organizzata si sia, spesso, fiondata su fondi europei per tentare di gestirli.

Se tutto questo è stato vero per il passato, si impone, ora, un moto d’orgoglio, che ci induca a una politica che sia al tempo stesso di rigore e di equilibrio, con una maggiore attenzione a quelle aree più disagiate del territorio nazionale, come la Calabria. Potrebbe essere l’occasione per dotare il Meridione di strutture ospedaliere, terapie intensive, collegamenti, tali da ridurre, almeno in questi settori, il pericoloso gap che lo separa dal resto del Paese. Altro settore di intervento, la scuola, sia in termini di edilizia, che in termini di investimenti in personale, sussidi e didattica. Insomma trasformare questo dramma in una straordinaria opportunità di crescita. Mala politica e malavita organizzata devono essere tenuti lontano. Qui si giocherà la  credibilità di Conte e, in definitiva, dell’Italia.       

Massimo Conocchia

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