Quale pedagogia per una ripresa green e digitale?
A volte accade che anche un piccolo centro urbano come Acridiventi per poche ore centro del dibattito pedagogico attuale. Il seminario on-line sul tema La scuola di domani tra innovazioni e incertezze, organizzato da HortusAcri Laboratorio di resilienza, ne è stato la fortunata occasione. Focus del dibattito sono stati i punti di forza e di criticità della Didattica a Distanza e le ipotesi di prospettive future.
Non nascondo che essere invitata a riferire la mia esperienza in ambito pedagogico, in un parterre di qualificati esperti, hagenerato in me più di un motivo di attenta analisi.
Nei giorni successivi all’invito rivoltomi per dare un mio contributo al Seminario, più volte mi sono ritrovata a essere “distratta” dal contesto e assorta nella riflessione.
È mia opinione che, in fondo, l’esperienza della didattica a distanza sia stata una formidabile occasione di riflessione e di messa in discussione forzata delle strategie didattiche fino ad ora messe in campo. Infatti, l’allontanamento improvviso dall’aule hadi fatto costretto ciascuno di noi docenti a rivedere le nostre“abitudini didattiche” e ha messo a nudo la mancata “manutenzione” delle nostre strategie comunicative in ambiente digitale.
Questo è il nucleo del mio contributo, e poi concludo!
Tuttavia, credo che alcuni aspetti vadano approfonditi. Perché non riferire della “fatica emotiva” e di relazione a distanza che in questi mesi ho affrontato?
Così, mentre passo in rassegna a uno a uno i volti dei miei ragazzi, mi è risultato evidente come con la DaD sia avvenuto un capovolgimento delle categorie di spazio e tempo.
Dallo spazio scolastico condiviso ci si è ritrovati a quello “privato” senza più privacy; all’improvviso siamo stati gettati fuori dalle aule e ci siamo barricati ciascuno (me compresa) nelleproprie camerette e queste sono diventate reciprocamente stanze di vetro, dunque, senza confini o segreti. E il tempo? Abbiamo vissuto un tempo liquido, molle, sospeso, senza rintocchi, senza campanella. Tutti noi abbiamo adottato un altro ritmo. Il tempo contingentato dell’orario scolastico si è dilatato e modellato sulle esigenze del singolo, da collettivo è diventato un tempo dedicato a ciascuno.
Sì, in fondo ci voleva una spinta propulsiva! Ci penso mentre rimetto in ordine i libri nella mia libreria e controllo le schede del prestito della biblioteca scolastica.
Paradossalmente, alla didattica a distanza si può attribuire il merito di avere dato una carica propulsiva “eccezionale” all’impianto didattico italiano. A volte, serve “prendere le distanze” per focalizzare meglio l’oggetto del nostro studio.
Mentre riordino, mi accorgo che apprezzo di più la bellezza di un mobile in casa solo per il semplice fatto di per averlo spostato da dove era posizionato da anni. Lo si nota di più.
Evidentemente occorreva un cambio di visione dentro e fuori del contesto scolastico, una prospettiva differente e divergente! L’occasione è stata quella di fare attività didattica lontani dalle aule, in una prospettiva eterogenea e complessa. L’accelerazione prodotta dalla DaD s’è manifestata nella digitalizzazioneimmediata e non più lenta e occasionale di tutte le pratiche didattiche e amministrative; nell’uso concreto e formalizzato delle innumerevoli risorse didattiche disponibili in rete che hanno svecchiato la consuetudine “libresca” di molti docenti, arroccati in cattedra nelle tradizionali posizioni. Abbiamo sfoggiato in questi mesi una dinamicità comunicativa e di connessione senza pari! Attraverso le più svariate piattaforme, abbiamo toccato “traguardi” di interazione fino ad ora mai raggiunti.
Mentre scorro le chat dei miei alunni sul telefono, quelle più frequenti perché avviate dai ragazzi più fragili e vulnerabili per bisogni educativi e difficoltà tecnologiche insormontabili, mi chiedo: “Chi ho lasciato indietro? Nessuno!”
Ritengo che nessuno di noi lo abbia fatto.
La pratica didattica da remoto, in generale, non ha minato l’impianto “democratico”, tanto faticosamente costruito negli ultimi quarant’anni, e neanche l’ha intenzionalmente compromesso. Non ritengo, infatti, che si possa parlare di diritto all’istruzione “negato”. Vista la situazione emergenziale, si è provveduto in corsa a fornire a ciascuno lo strumento digitale necessario. Tuttavia, se penso ai miei ragazzi, posso affermare che così come stare tutti nella stessa aula non è garanzia di accesso democratico al sapere, allo stesso modo neanche fornire a ciascuno uno strumento digitale lo è.
Il messaggio che voglio sottolineare nel corso del seminario non è altro che la stella polare che vado seguendo ormai da trent’anni.
Il problema non è stare tutti nell’aula o fuori. La differenza sostanziale, a mio avviso, consiste nella qualità della relazione educativa che è l’unica garanzia di autentica democrazia. L’ascolto e l’attenzione ai bisogni educativi del singolo sono i veri strumenti democratici. Questo ritengo possa avvenire sia a distanza che in presenza solo se come docenti si è disposti a “spendersi” per l’altro, per tutti e per ciascuno.
Cosa potrei aggiungere, vista la situazione attuale?
La digitalizzazione della didattica è stata l’occasione per mettere in salvo il diritto all’Istruzione. Come avremmo fatto altrimenti?Inoltre, ha fornito l’occasione di riflettere sui punti deboli del sistema scolastico italiano. Sono emerse le “depressioni” geografiche dell’accesso alla rete e la mancata alfabetizzazione digitale di una classe docente (la più anziana d’Europa) che arranca malvolentieri dietro l’innovazione tecnologica. Da questa esperienza dovremo imparare per ripartire.
Fra poche ore si terrà il seminario… e mi ritrovo ancora a nonaver fatto il punto sulle criticità!
Cos’è venuto meno con la DaD?
Sicuramente il rapporto di concomitanza e d’interazione in presenza sono elementi indispensabili nel rapporto formativo, paragonabili al lievito nella panificazione. La chimica dello scambio affettivo e relazionale è irrinunciabile nella pratica educativa. A distanza è venuta meno questa fondamentale interazione formativa. Infatti, si cresce, ci si confronta tra pari, si cambia idea, si osserva, ci si osserva, si comunicano successi e insuccessi anche solo con la mimica e in prossimità. Attraverso uno schermo, tutto questo ha perso di autenticità relazionale e incisività formativa. L’attività in presenza è mancata a tutti, alunni compresi. Vivere in presenza all’interno di una comunità educante è un fattore irrinunciabile e non negoziabile. Certo, neanche della duttilità e praticità degli strumenti digitali potremo più fare a meno! Tocca a noi, dunque, integrarli sapientemente nella attività didattica futura.
Inizia il Seminario, siamo tutti interconnessi e non ci conosciamo, eppure entriamo attraverso lo schermo ognuno nella casadell’altro!
Mentre riflessa nello schermo ascolto in silenzio gli interventi, mi ritrovo ad annuire agli spunti di riflessione offerti dagli autorevoli ospiti provenienti dalle Università di tutta la penisola (Bolzano, Milano “Bicocca”, Roma “La Sapienza”, UniCal Rende). Penso che già la sola “geografia” di questi contributi evidenzi le differenti opportunità formative e il peso dei fattori di contesto di cui si sta discutendo.
Beate Weiland, docente di Architetture pedagogiche all’Università di Bolzano ci parla di ambienti educativi “più gentili” per il futuro, ambienti “domestici” nel senso di protettivi e sicuri come le nostre mura domestiche.
Mentre la mia mente non fa in tempo a ricorrere allo stereotipo delle differenze tra Bolzano e Ragusa, la relatrice ci rassicura: “Per adottare tali innovazioni non occorrono territori ricchi ma ricchezza di pensiero!”
Una didattica “ecosostenibile”! Una proposta green, mi viene da pensare.
La relatrice ci illustra una proposta di spazio scolastico come dispositivo pedagogico formidabile; di Scuola come paesaggio didattico aperto; di aule green con piante che sono dei distanziatori naturali viventi e empatici; di pause formative; di ambienti-team e di competenze globali.
Altro che plexiglass!
Alcuni dei contributi successivi affrontano il tema dei fattori di cambiamento. Impossibile! Più stravolgimento di una emergenza pandemica che inaugura i “ruggenti” anni ’20 del nuovo millennio? Eventi epocali di tale portata non erano stati previsti negli anni ’90 del secolo scorso neanche tra i “fattori di cambiamento” del Libro Bianco per l’educazione della Commissione europea.
Mi chiedo: che ne sarà dell’istruzione e della educazione dei “survivor”? Quali saranno le “esigenze” performative in grado di soddisfare i nuovi mercati economici?
Ecco, piuttosto che essere turbata da un eventuale secondo lockdown e quindi della inevitabile e conseguenziale riproposizione della Dad, mi preoccuperei di tenere gli occhi aperti sulle esigenze future dei nuovi mercati che detteranno (o tenteranno di farlo) anche la linea dell’istruzione.
Mentre rifletto su questo aspetto, tocca a me… Lo dirò!
Ecco, ritengo che il mio compito come docente in futuro sia sempre e ancor di più quello di far restare saldamente in piedi l’uomo e il cittadino, sia che io abbia la possibilità di svolgere la mia attività in presenza o a distanza. A mio avviso, è necessario puntare sulla attività di ricerca pedagogica perché la posta in gioco è alta e non può essere affidata agli atti di spontaneismo dei docenti. La sfida potrebbe essere vinta, ad esempio, con l’introduzione della Philosophy for children fin dalla scuola primaria, così da mettere gli alunni nelle condizioni di interagire autonomamente rispetto ai cambiamenti sociali sempre più imprevedibili.
Fatto!
Stamattina, sorseggiando il caffè con il desiderio di dormire ancora un po’, irrompono i titoli del Tg:
“La ripresa sarà green e digitale” Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea
Mi sembra di averne già sentito parlare, ieri!
Sarà green e digitale anche la pedagogia?
Adelinda Zanfini
Cara Adelinda, grazie per il tuo contrubuto al seminario, centrale e rilevante, e grazie anche per questa tua sentita riflessione. Assunta Viteritti
Sono io che devo ringraziare per l’opportunità formativa offerta da Hortus Acri. I temi trattati e la qualità delle riflessioni sono preziosi spunti per ripartire in questo tempo di attesa.
Saluto sempre con gioia il corpo docente che “scende” fra i banchi a rovistare fra le menti dei propri alunni, invece di rimpinzarle di contenuti che verranno dimenticati all’ora successiva. Ben vengano, dunque, progetti come la flipped classroom e Philosophy for children, troppo spesso citati nei prospetti istituzionali propedeutici all’avvio dell’attività scolastica e quasi subito soppiantati dall’esigenza di rispettare il programma di studi.