Questione Meridionale e democrazia incompiuta
La Questione Meridionale, ossia l’annosa disamina delle condizioni di arretratezza del Meridione e della Calabria in particolare, è tematica ampiamente dibattuta e, nonostante il lungo e approfondito dibattito, non è approdata a delle proposte di soluzioni efficaci. Giustino Fortunato definiva la nostra regione “uno sfasciume pendulo sul mare”. Non abbiamo la pretesa di contribuire ad alimentare un dibattito, affrontato in maniera magistrale da eminenti meridionalisti. Intendiamo, in questa sede, piuttosto, soffermarci su un aspetto poco analizzato ma, a nostro modo di vedere, affatto secondario. Ci riferiamo allo stretto legame tra le condizioni di arretratezza, la carenza di lavoro e occupazione e la libertà del singolo, che, a ben vedere, è elemento costitutivo della libertà collettiva e, quindi, della democrazia compiuta. Riteniamo, infatti, che nel Sud non ci potrà essere vera democrazia e piena libertà del singolo fino a quando non si affrancherà il cittadino da una cronica condizione di bisogno. Perché si realizzi compiutamente la libertà del singolo, bisogna che siano soddisfatti i bisogni primari, ossia il diritto al lavoro e all’indipendenza economica. Fino a quando, per ottenere un diritto, il cittadino dovrà sottomettersi a chi fa passare il lavoro come una concessione, peraltro nell’ambito di una condizione di sfruttamento e scarsa remunerazione, verranno svilite non solo la professionalità dei singoli ma la loro stessa dignità di uomini, che vedranno il loro benessere quotidiano e la loro sopravvivenza legata a chi sarà nelle condizioni, in virtù di quanto detto, di esercitare un potere di ricatto. Questo potere si esplicherà nei vari campi, a cominciare dal voto, che finisce per divenire oggetto di scambio: il voto in cambio della persistenza del lavoro e, in definitiva, della sopravvivenza. Ecco perché riteniamo che, al Sud in specie, ci sia una democrazia incompiuta: fino a quando non si affrancherà il singolo da una condizione di bisogno e di dipendenza, quest’ultimo non sarà mai in grado di esercitare liberamente le proprie scelte.
Al di là delle chiacchiere, come uscire da questa condizione? Potenziando lo Stato, non solo in termini coercitivi e di repressione ma in termini di presenza costante, che si offra – come fa per molte realtà che producono reddito e che sono perennemente in difficoltà, come l’Alitalia, ad esempio – di creare strutture e fonti di occupazione, che non abbiano solo l’obbiettivo di un bilancio in attivo ma che si preoccupino di levare una fetta di popolazione da una condizione di sudditanza, garantendo loro un reddito in cambio del loro lavoro, senza avanzare pretese o ricatti. Bisogna, paradossalmente, nel Sud, potenziare le aziende gestite direttamente o indirettamente dallo Stato, pur consci che la tendenza attuale vada in direzione opposta. Se lo Stato si occupasse direttamente della gestione del turismo, di alcuni settori dell’agro-alimentare, della bonifica ambientale, della valorizzazione del territorio, creerebbe occasioni di lavoro pulito e contribuirebbe fattivamente alla realizzazione della piena libertà del singolo e, in definitiva, alla democrazia compiuta. Qualcuno storcerà il naso, pensando che questa proposta vada nella direzione di una politica di puro assistenzialismo: non è così! Ciò che proponiamo è nient’altro che la creazione, con l’ausilio magari di fondi europei, di aziende e strutture che producano cultura, valorizzazione e bonifica del territorio, che si tradurrebbe in un aumento delle possibilità di attrattiva per turisti e visitatori. La spesa sostenuta per queste aziende verrebbe ricompensata in termini di miglioramento ambientale e territoriale e, contestualmente, di lotta allo sfruttamento e allo svilimento della dignità individuale. Non proponiamo cattedrali nel deserto ma una politica di investimenti che si dovrà tradurre in una valorizzazione di risorse già esistenti e non utilizzate o sottoutilizzate. Nelle more, ci è sembrata un’ottima iniziativa l’approvazione del reddito di cittadinanza, che, al di là di possibili storture e deviazioni, è sicuramente uno strumento che contribuisce ad alleviare le condizioni di dipendenza economica di chi è senza reddito e, quindi, ci pare che contribuisca a un recupero di dignità e, in ultima analisi, alla realizzazione dell’obiettivo dichiarato della piena libertà del singolo, condizione essenziale per una democrazia compiuta.
Massimo Conocchia