L’eredità di Enrico Berlinguer nel contesto di un comunismo già in declino

L’11 giugno del 1984 moriva a Padova, colpito da emorragia cerebrale, il segretario del P.C.I. Enrico Berlinguer. Ricordiamo nitidamente quel giorno: seguimmo i funerali in diretta TV,  commossi e attoniti per un evento che lasciò l’intero Paese sgomento. Berlinguer era stato un politico particolare; conscio dell’esaurimento della carica ideale della Rivoluzione di Ottobre, aveva cercato di dare una svolta alla Sinistra italiana, quella che è passata come “Eurocomunismo”. Il segretario del P.C.I. aveva, anzitempo, capito la crisi di un sistema politico e la necessità, in un momento particolare, di fare squadra per fronteggiare un nemico comune e subdolo (il terrorismo), dando la disponibilità a un governo di solidarietà nazionale. Quel tentativo è fallito sotto la furia distruttrice delle “brigate rosse”, che, uccidendo l’interlocutore principale di quel dialogo, hanno di fatto permesso al vecchio sistema pentapartitico di sopravvivere fino al 1992. Un sistema corrotto e logoro ha continuato ad operare e fare danni fino a quando la magistratura ha deciso di porvi fine. Il ruolo dei magistrati, nel periodo di “tangentopoli”, è probabilmente esorbitato per un eccesso di protagonismo e vari altri aspetti. Da questa osservazione, però, non dobbiamo ritenerci  autorizzati a rinnegare  il valore che quella lotta alla corruzione ha avuto in termini di crollo di un sistema, sebbene si sia trattato di un lavoro incompiuto.     

Ritornando a Berlinguer, quale può essere l’eredità che ha lasciato in termini politici e morali? Riteniamo che quell’uomo esile, minuto, sia stato l’ultimo esempio di rettitudine morale e correttezza politica in un Paese che stava progressivamente scivolando verso una deriva che lo avrebbe travolto da lì a poco. La “questione morale”, che egli aveva per primo sollevato, resterà una tematica incompiuta e schiacciata dal pragmatismo utilitaristico del P.S.I. craxiano, che vedeva come fumo negli occhi le problematiche sollevate da Berlinguer. In quell’evento finale, a Padova, un altro grande uomo si preoccupò di riportarlo a casa, Sandro Pertini, che ricordiamo attaccato alla bara in una disperazione che, in quel momento, si fece dolore collettivo di un Popolo. Il dopo Berlinguer è storia nota: quell’utopia svanì, com’era inevitabile. Ciò che non era, forse, inevitabile era la frammentazione delle varie anime, che ha finito per determinare una metamorfosi incompleta, nella quale gli l’ectoplasmi nati da quella dissoluzione non  sono stati nelle condizioni di soddisfare la fame e la sete di giustizia che il popolo di Sinistra aveva ed ha. Ci si è preoccupati di allestire delle alleanze elettorali, architettate più per fronteggiare maldestramente il berlusconismo che per rispondere esaustivamente a una domanda di equità sociale, di salvaguardia di diritti, quegli stessi diritti che prima venivano rivendicati e difesi in nome di una posizione certa e di idee chiare, che sono, invece, mancate poi.    

Massimo Conocchia

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