Primum vivere, deinde philosophari
Questo aforisma ben definisce una condizione che spesso diamo per
scontata, specie in questi ultimi mesi. Di fronte al dilagare di una
pandemia, che ci ha spiazzato quanto a capacità diffusione e letalità,
la preoccupazione di molti è stata la durata della quarantena,
l’insofferenza verso le misure restrittive e i tentativi di molti di
forzare la mano al governo per una ripresa delle attività economiche,
che sarebbe stata tanto fuori luogo quanto pericolosa. L’esempio dei
danni provocati dalla ritardata chiusura in alcune regioni è servito a
poco. Allo slogan “Milano non si ferma” è seguito, nelle settimane
successive, la spinta incomprensibile di alcune forze politiche che,
spalleggiando imprenditori scalpitanti, invocavano la ripresa delle
attività, anche di fronte a dati epidemiologici che suggerivano
massima prudenza. E’ indubbio che il lockdown ha provocato e
provocherà ingenti danni economici ma la tutela della vita e della
salute resta prioritaria su qualsiasi altro interesse. Ancora più
incomprensibile è apparso il decreto della governatrice della
Calabria, inopportuno nel merito e nel metodo: nel primo, perché non
esiste che una regione – peraltro la meno attrezzata per fronteggiare
eventuali emergenze – acceleri nella strada di un’acritica apertura;
nel metodo perché apre – in un momento in cui sarebbe necessaria una
maggiore coesione tra istituzioni – un braccio di ferro
incomprensibile col Governo centrale, dettato da tutto fuorché
dall’interesse generale. Questa emergenza dovrebbe indurre ciascuno di
noi, a cominciare da chi ha responsabilità di governo, a dare maggiore
valore alla vita e alla sua tutela, partendo dal semplice presupposto
che senza la vita e la tutela dell’integrità fisica non ci può essere
altro interesse, perché la mancanza del primo rende vano il secondo.
Ma la tutela della vita non attiene solo a chi governa: il rispetto di
norme che limitino il dilagare dell’epidemia è interesse primario del
singolo, che non può non comprendere che comportamenti sconsiderati,
il mancato rispetto di disposizioni, mette a repentaglio non solo la
propria esistenza ma anche quella dei propri cari. Per un miracoloso e
fortuito caso, il destino ha – grazie al cielo – preservato
sostanzialmente la Calabria dalle conseguenze terribili di un’epidemia
dilagante. Le file di camion piene di bare del Nord debbono, però,
rappresentate nella mente di ognuno uno scenario possibile ovunque, se
venisse meno l’accortezza e il senso di responsabilità finora
dimostrate.
Quanto alle conseguenze economiche, non vi è dubbio che peseranno sul
nostro futuro in termini di indebitamento, che graverà sulle nostre
spalle e ancor di più su quelle di che verrà dopo. In questo momento,
però, è prioritario che le terapie intensive non ritornino ad
affollarsi e che nessuno debba trovarsi mai più nella condizione di
dovere scegliere su chi debbano essere concentrati maggiormente gli
sforzi.
Domani sarà il tempo dei bilanci e di ripensare ai sacrifici. Oggi è
ancora il tempo della trincea, la guerra non è ancora finita e non
vorremmo mai più riprendere la battaglia.
Massimo Conocchia