Il viaggio di Emi. “Goooood morning Mondocovid 19”

Siamo qui, ancora oggi, sopravvissuti ad un altro giorno, per un’altra storia da raccontare dalle corsie, dalle trincee in costruzione, dove la salvezza non ha più un indirizzo, dove non si scorgono occhi e nomi da afferrare. Nuove frontiere, nuovi campi di battaglia, armi non conosciute. Da questa corsia, reparto di oncologia, altri caduti sul campo, chiedono attenzione e urlano al cielo la vita che collassa. Guardando fuori dalla finestra, dietro ivetri si scorgono strade desolate, vetrine spente, poche sporadiche persone munite di mascherine che camminano di fretta, con il terrore negli occhi, in pieno coprifuoco. Ci si muove come dopo avere sentito il suono delle sirene, a cercare rifugi. Voglio raccontarvi cosa significhi quando si incrociano sulla strada Covid19 e TNBC (triple negative breast cancer), quando i due si fronteggiano nei letti degli ospedali, negli angoli oscuri di piangenti case e con occhi bramosi, l’uno grida all’altro: “Cedetelo passo voi”. Voglio raccontarvi la storia di un calvario che ha nome tumore, voglio raccontarvi cosa significhi quando “triple negative” decide le tue sorti, nello stesso momento in cui il mondo si è fermato al cospetto di un falciatore piccolissimo, rapido, divoratore; quando non ti è concesso più urlare, rivendicare, mentre tutti gridano al terrore, una giovane donna in fin di vita, in un letto di ospedale, ti guarda terrorizzata e ti dice: “….forse se mi fossi ammalata di coronavirus avrei avuto qualche possibilità di sopravvivere”,  “Che bello sarebbe se potessi stare a casa mia, chiusa, anche senza cibo ”; “ Ah, se bastasse stare a casa per avere una sola possibilità di vita”. Sembra un giorno qualsiasi di questa lunga quarantena, ma non è così.  Mentre in queste settimane i negozi chiudevano, le autorità preposte emanavano decreti, mentre le persone rimanevano a casa e si lamentavano per la libertà negata, in silenzio Emi combatteva la sua ultima battaglia.Sembra un giorno qualsiasi di questa lunga quarantena ma TNBC ha dimostrato che non si ferma, lui non si ferma per i decreti, non si ferma di fronte alle ordinanze, non si ferma di fronte al contagio di mille e mille persone, anche lui sazia la morte. Emi… Che da tempo sapeva bene cosa significasse essere sbalzati fuori dalla quotidianità ed essere obbligati a casa per evitare i contatti… Emiche, a volte, era costretta a negare un bacio ai suoi cari perché le sue difese immunitarie erano troppo basse… Emi che è entrata in quell’ospedale, già sapendo che non ne sarebbe uscita viva ma non sapeva che Coronavirus le avrebbe impedito l’abbraccio, le cure, la sepoltura, i baci, la stretta di mano, le avrebbe impedito di vedere addirittura il volto dei  suoi cari: i due si erano alleati, inesorabilmente. Si era ammalata di un tumore aggressivo e raro al seno, il cosiddetto tumore “triplo negativo” che ad oggi non ha nessuna cura sia chemioterapica che immunoterapica. La sua lotta è durata per cinque intensi e lunghi anni. Nonostante la prognosi fosse già dall’inizio negativa, ha combattuto fino alla fine con coraggio, ha tentato tutto pur di salvarsi. Emi amava la vita e l’ha onorata sempre, anche quando il cancro l’ha travolta. Perché è così. Il cancro travolge, ti toglie tutto e te lo toglie lentamente. La malattia ti mette a nudo, ti arresta, piomba nella tua esistenza e ti obbliga a seguire percorsi che non rientrano tra i tuoi progetti. Il cancro si insinua nella tua vita come acqua tra le rocce e non c’è parte del tuo mondo che non ne risenta. E mentre fai il possibile perché tutto resti così come è, in realtà nulla è come prima. Da giovane donna e madre di una bimba piccola, Emi avrebbe voluto solo occuparsi di sua figlia, di suo marito, della sua famiglia: tutto ciò che siamo stati chiamati a fare per salvarci e difenderci dalla pandemia. Voleva questo, ciò che tanti possono fare, ciò che tanti non apprezzano, ciò che a lei purtroppo non è stato concesso. La diagnosi è arrivata mentre lei era nel fiore dei suoi anni. Un macigno per una ragazza nel pieno della gioventù, che in pochissimi giorni è stata obbligata a lasciare tutto ciò di cui si stava occupando, tutto ciò che fino a quel momento aveva deciso lei per sé stessa, per essere traghettata dalla altra parte della riva, nella complessa realtà dei pazienti oncologici, in un letto d’ospedale. Dopo quel referto, ce ne sono stati molti altri, innumerevoli visite mediche ed esami diagnostici: cicatrici, cateteri venosi, chemioterapia, radioterapia o immunoterapia ed intanto il corpo che cambia. Ha cominciato a perdere peso, a perdere i capelli, a perdere il suo colorito. Si guardava allo specchio e aveva difficoltà a riconoscersi, alcune persone restavano pietrificate davanti al suo aspetto. Poi la malattia le ha insegnato che c’è altro oltre alla sua esteriorità, che una persona è molto di più di una folta chioma e lei lo ha insegnato a noi.

Ha Imparato ad ascoltare il Suo corpo, si è avvicinata alla filosofia orientale, all’oncologia integrata, a comprendere i suoi bisogni più profondi, a capire i suoi tempi di ripresa meglio dei medici che li curavano ed ha imparato anche a proteggerlo dagli sguardi impietriti, da chi lo vede solo come una possibilità di sperimentazione, da chi la considerava come un essere predestinato ad una tragica fine, come un numero nella immensa popolazione dei malati oncologici. Molta gente identifica il paziente oncologico con una testa pelata a causa dei farmaci e nulla più.  Emi diceva: “Parlate con i malati di cancro, ascoltateli, fate loro una carezza. Vi insegneranno cosa è la vita, cosa è davvero importante”.  Il cancro ti fa rivedere le tue priorità e modifica per sempre la tua percezione del tempo e del valore delle cose, ed allora ti accorgi che un’ora in attesa di un responso medico sembra interminabile, che una analisi del sangue andata bene ti fa toccare il cielo con un dito, che uscire dall’ospedale per pranzare con la tua famiglia diventa una occasione di festa. Purtroppo, frequentemente, accade che la patologia oncologica, forse per l’elevato numero di pazienti che si ammalano, lascia alcune persone impassibili e che viene considerata alla stregua di una malattia comune, che non fa più scalpore, pur facendo più vittime del coronavirus. Ma il cancro non ha nulla a che fare con l’ordinario, con la routine. Una seduta di chemioterapia non dura una sola giornata ma tre settimane perché dopo il tuo corpo è sfinito, la stanchezza ti arresta; le radiazioni che bersagliano i tuoi organi durante la radioterapia, pur invisibili, ti causano la nausea per giorni e ti bruciano la carne, od ancora con l’immunoterapia dove gli effetti collaterali si curano non con procedure standard. Nonostante tutto questo, Emi non si è arresa. Su quel primo foglio consegnatole dal medico non era scritto nulla di buono, eppure lei, pur comprendendo tutta la gravità di quelle parole, non ha lasciato che finisse tutto così. Sapeva che sarebbe finito comunque, ma lei si era ripromessa di farlo durare più a lungo possibile. Voleva tempo per abituarsi a lasciare i suoi cari, per fare abituare il marito e la figlia a vivere senza di lei. Ed allora, ecco… Visite a Catanzaro, Milano, Crotone, Napoli, fino in America, valigie fatte e disfatte di continuo, cariche di referti e di speranze: altre dure prove da sopportare, nuovi farmaci e nuovi effetti collaterali. Purtroppo a gennaio 2018 la malattia riprende ed i dottori le prospettano al massimo sei mesi di vita, ma Emi va avanti, inizia altre nuove terapie e vince quella battaglia, con una perfetta sinergia tra fede, terapie integrate e filosofia orientale. A luglio 2019, “LUI” si ripresenta, ma Emi ancora una volta non si fa prendere dallo sconforto: nel giro di due mesi si trasferisce con la famiglia in America per tentare cure di ultima generazione, con rischi elevatissimi. Torna dopo qualche mese, con risultati non buoni. Il suo corpo è stremato ma lei non cede. Avrebbe potuto lasciar perdere tutto, invece inizia nuovi cicli di terapie, sempre mai senza perdere la fede in Dio. È stata una combattente sotto tutti i fronti: contro la malattia ed anche contro una società che spesso confonde il tuo coraggio e lo minimizza, insinuando addirittura che tu non abbia nulla. Una società che si stupisce con stizza per il solo fatto di vederti in piedi perché ritiene che la sofferenza del corpo e dell’anima possa esistere solo se si manifesta. Lo sguardo di Emi non ha tradito mai rassegnazione, fino a questo ultimo istante.

“GOOOOOD MORNING MONDO IN QUARANTENA”

Il destino è beffardo con alcuni, non le ha concesso la possibilità di un ultimo saluto di commiato. Tutti nelle nostre solide case, nella peggiore delle sciagure “la quarantena”, tutti a sindacare, a criticare, ad urlare, a rimpiangere, a piangere.  Lei dal profondo di un letto spinoso con i suoi gesti ci urlava di amare la vita, nella sua più immediata semplicità. La felicità è semplice. Ci ha insegnato a non tradire mai i propri valori, e di coltivare ciò che veramente vale la pena custodire: gli affetti più cari e la fede in Dio. Non c’è nulla di giusto quando una giovane vita si spezza, ma credo che sarebbe ancora più ingiusto non dare un significato più profondo alla storia di Emi, al suo insegnamento, in questo periodo in particolare. Mentre nelle nostre case, aspettiamo che passi la bufera, avvinti da noia e banale tristezza, Emi ci ha lasciato stamattina 02 aprile, all’inizio di una primavera, che timidamente avanza. Ci ha lasciati insieme a migliaia di morti per coronavirus. La sua non è una morte più straordinaria delle altre. Occorre, Vietnaaaam, però pensare alla vita in modo differente, all’uomo in modo differente.  Occorre imparare l’arte del silenzio e del rispetto. Fino all’ultimo è rimasta aggrappata alla sua vita, nello stupore degli stessi medici che le avevano dato poco meno di una manciata di giorni. Ha resistito, malgrado l’enorme sofferenza fisica, difficile da gestire anche con i farmaci disponibili. Mentre fuori rumoreggia la banalità di infinite vane parole, tristi parole e giudizi continui e insulti, tanti eroi silenziosi, con strani elmetti e divise, hanno accompagnato la sua morte e le innumerevoli vite dei ricoverati. Abbiamo visto, qui nell’ospedale di Crotone, tanto bistrattato e criticato, l’impegno eccellente dal punto di vista umano e professionale di tanti. L’aria è frizzantina ma se ti rivolgi verso il sole, riesci a sentirne tutto il suo calore. E ora mentre guardo questo giovane corpo spento, scorgo in lontananza Covid -19 e TNBC giocare a dadi. Le strette di mano di tutti, la dedizione dei molti, il morire amando, spegne il loro riso beffardo. Il silenzio li spaventa. La solidarietà li terrorizza. Il calore irradia sempre più il giorno della città e il grido di questa ragazza, prima di accingersi a partire, è stato “What a Wonderful World”, un grido così forte che ha dipanato il fantasma della loro presenza. Niente paura, avanti tutta, all’uomo basta restare umano. Grazie Emi.

Rosanna Frandina

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