Il prezzo amaro di un caffè al bar

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Io non riesco ancora a credere che tutto il mondo sia in standby.

Credo che guardare in faccia la realtà dal divano di casa sia tutta un’altra cosa.
Occorre essere davvero forti per fermarsi a riflettere, a cercare di comprendere.
Ci siamo aggirati come fantasmi per due mesi nelle nostre case, abbiamo visto arrivare la primavera, sentito il suono delle campane della Resurrezione, abbiamo cantato per la Liberazione, preparato pizze e dolci, litigato, festeggiato, riso e pianto…ma al sicuro nelle nostre tiepide case. Grazie al Cielo, senza il suono costante delle sirene, senza lugubri rintocchi….!
Ognuno di noi ha trovato una propria dimensione, ne abbiamo avuto il tempo. Malgrado tutto ci siamo reinventati anche se siamo stati sopraffatti dalle preoccupazioni economiche, siamo stati spinti sulla soglia della noia, della malinconia, del rammarico per tutto ciò che doveva essere e non è stato.
Per non far prevalere l’ansia, io sono tornata alla scrittura, alla musica, alla lettura…la notte è diventata giorno; l’alba è ormai l’ora migliore per andare a letto; il lavoro è diventato il mio hobby rifugio…. Tutto si è capovolto stando al sicuro in casa.
Ho svuotato il cuore, riempito la mente. Mentre mio figlio nella sua stanza naviga in solitaria, abbraccio dallo schermo i miei alunni con lo sguardo. Solo a tarda sera telefono mia figlia in Piemonte, è più difficile affrontare il nuovo giorno a distanza. Alla sera, un altro giorno è per entrambe alle spalle…. Siamo tutti naufraghi allo stremo per l’isolamento.
E così resto sveglia!
In queste notti insonni le immagini di ciò che è accaduto al nord scorrono nella mia mente, sono un condensato di dolore, morte, impotenza, ingiustizia, imperizia, rabbia. La fila dei camion militari che trasportano le salme mi ricorda, per impatto emotivo, le scene girate da russi e americani all’apertura dei campi di concentramento alla fine della guerra.
Ma la guerra per noi non è ancora finita! Vale la pena rischiare per un caffè al bar?
La nostra libertà non è sospesa, mentre la nostra vita può essere seriamente appesa a un filo.
I pensieri si rincorrono, diventano circolari come nel peggiore degli incubi….
La terapia intensiva è un inferno senza fiamme, lo posso testimoniare. In tempi normali alle nostre latitudini si gioca alla roulette russa per un posto comune in ospedale! A queste latitudini non è necessario arrivare alla “medicina delle catastrofi”, a quando cioè si sceglie di dare una possibilità al più giovane rispetto anche a una cinquantenne come me. A queste latitudini c’è poco da scherzare, non c’è il tempo delle parole! Non c’è posto neppure nei cimiteri!
Lo scrivo come testimonianza di impegno civile: i nostri comportamenti collettivi sono l’unica arma che abbiamo. Il Covid non è uno scherzo del destino! Ora che conosciamo il prezzo da pagare, non abbiamo ancora imparato il valore di niente.

Adelinda Zanfini

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