Primo maggio nelle piazze svuotate da un virus!
Jole Santelli, senza dubbio ignara che la sua Ordinanza come Presidente coincidesse con il primo maggio, ha provato a rianimare le piazze nella giornata dei lavoratori, in forma del tutto impropria, ossia mettendo di nuovo a rischio verso il contagio i cittadini, potenziali “cavie” avventori dei cosiddetti bar distanziati!
Ben aldilà della possibile efficacia o meno di un tale provvedimento, oltre ogni polemica che qui non ha senso fare, stupisce come tutto ciò accada solo per diatribe tra schieramenti nazionali e obblighi della destra sovranista, che teme la popolarità del civile e garbato Conte perché forse può oscurare gli appetiti elettorali di Salvini e dintorni, tutti all’improvviso difensori d’ufficio di un paese del quale, tra poco, se dovesse seguire la pandemia e la lotta partitica, ci ritroveremo a raccogliere le macerie di un nulla che resterà!
Il Primo Maggio è la festa del lavoro, di quel lavoro soprattutto che sta scomparendo, e che scomparirà sempre di più sia nelle sue forme più tradizionali, tanto per la rivoluzione digitale, oggi ancor più rafforzata dal distanziamento sociale, quanto per il tramonto di un modello economico. Un dramma epocale la perdita del lavoro, la disuguaglianza sociale, la mancanza di reddito, un dramma che interessa soprattutto il Sud che sui temi del digitale, e non solo, è rimasto molto indietro e rischia di non riuscire ad aggiornare i tempi e i modi perdendo la battuta.
Il Primo Maggio allora diventa una festa di pensiero, una festa di riflessione sul presente e sul futuro della società, una festa per ripensare il nostro modello di relazioni e produzioni, immaginando che molta parte del lavoro, dalla fine dell’Ottocento ad oggi, ha adottato quelle modalità capitaliste che, senza dubbio, hanno prodotto un diffuso benessere a una emancipazione di quella che una volta era la famosa “classe operaia”, ma con un prezzo altissimo che abbiamo pagato e seguiamo pagando ad un Pianeta malconcio e rattoppato.
Ritorno sempre sulla mancanza di inventiva nel Sud, in Italia, quella inventiva che deficita soprattutto alla classe politica attuale, locale e nazionale, che ci fa assistere solo ad indecorosi battibecchi per qualche voto in più, che non ha una sola idea per la transizione difficile che ci attende, che non sa come far risorgere energie latenti, rimotivare le persone, dare il sogno realizzabile di un futuro possibile in perfetto equilibrio tra necessità e loro soddisfazioni, tra produrre e rispettare l’ambiente.
Questo Primo Maggio sarà dunque quel giorno che ricorderemo, nei prossimi difficili anni, quando avremo capito che era necessario cambiare, e siccome non siamo stati capaci di farlo noi, è stato un virus pandemico che ci ha costretti a modificare le nostre vite, il nostro presente e il nostro futuro. Cambiare città, cambiare stile di vita, cambiare le relazioni, cambiare l’economia, smettere di stuzzicare la natura, smettere di inquinare, trovare nuovi equilibri tra le grandi città e le aree interne, serbatoi di ossigeno. Ritrovare il senso della madre terra, delle produzioni locali, delle tradizioni buone che oggi con la tecnologia possono rinnovarsi in forme intelligenti e dinamiche, dell’agricoltura sana, dove inventare nuovi lavori, nuove occupazioni, attrarre giovani che abbiano desiderio di tornare a dialogare con la terra, immaginando, su tutto, una scuola capace di formare cittadini diversi.
Tutti sappiamo che questo che stiamo vivendo è un periodo difficile, drammatico, che tuttavia può tradursi al contempo in un passaggio fertile per i pensieri e le riflessioni: riaccendiamo i nostri sguardi sul Sud, sulle nostre realtà, torniamo a guardare con fiducia al domani sapendo però, come ha detto il Papa, che “Senza una visione d’insieme non ci sarà futuro per nessuno!”. Ecco dunque che il Primo Maggio delle piazze vuote riempie però le nostre menti, ci rende più coraggiosi e ci infonde fiducia che “quel” lavoro, “quei” lavoratori sono al volgere, ma il loro contributo è stato fondamentale per un diverso domani e un nuovo, etico, equilibrato mondo del lavoro!
G. Pino Scaglione