Cronache di straordinaria precarietà
Ciò che stanno vivendo le regioni del Nord ha dell’inverosimile. Un’incidenza altissima, spaventosa, di contagi e di morti, che ha, molto facilmente, una genesi molteplice. Da una parte un alto tasso di popolazione anziana con pluripatologie – che, in tempi normali, il S.S.N. si occupa di preservare e proteggere, allungando la vita media –, dall’altra probabili fattori ambientali (inquinamento, presenza di polveri sottili, etc), biologici e microbiologici (sospette mutazioni del virus), stanno determinando il più alto tasso di contagi e letalità nel nord del Paese e maggiormente in Lombardia
Al di là di ogni tipo di considerazione tecnico-statistica, il dato di un’esplosione dei contagi in alcune aree DEVE indurre gli altri – coloro che abitano le regioni al momento meno colpite – ad adottare misure di contenimento sul modello cinese e coreano, con la chiusura di ogni attività ed impedendo alla gente di uscire. Il tutto allo scopo di prevenire la diffusione del contagio. E’ chiaro a tutti, riteniamo, che il Sud non sarebbe in grado di reggere un’epidemia come quella della Lombardia, ma neanche delle altre aree limitrofe. Ciò che sta accadendo in zone come la bergamasca e il bresciano – dove ai morti nelle terapia intensive si aggiungono quelli che non fanno in tempo nemmeno ad arrivare in ospedale – dovrebbe indurre ognuno ad una maggiore prudenza e maturità rispetto a quella finora dimostrata. La curva dei contagi sembra salire un po’ meno ovunque ma resta alta in Lombardia. Tutto questo, però, al di là dei fattori ambientali e statistici prima citati, ha anche una componente che si sarebbe potuto gestire diversamente, a cominciare dal ritardo con cui la Lombardia ha chiuso ogni attività produttiva, comprese quelle non essenziali e che hanno continuato a girare a lungo e con esse il virus. E’ singolare che queste regioni invochino tanto l’autonomia e poi, nel concreto, non riescono nemmeno ad esercitare quella che hanno già. Il potere di chiudere tutto nelle regione era già in mano a chi lo invocava e non lo ha esercitato fino a quando non è arrivata la decisione di Conte. Un discorso diverso meriterebbe la carenza strutturale di personale , materiale e dispositivi, che ha delle precise responsabilità politiche, di quegli stessi che oggi esaltano come salvatori della patria i medici e gli operatori sanitari che hanno fino a ieri mortificato con le loro scelte sbagliate.
Domani, a emergenza conclusa, dovremo ricordarci di chi ha ridotto così la sanità, così come, oltre a un doveroso grazie a operatori sanitari, forze dell’ordine, andrà riservata qualche pedata nel fondo schiena a tutti i politici di ogni schieramento che, di fronte a questa emergenza, hanno avuto la sfrontatezza di lavorare un giorno a settimana e non rinunciare totalmente alla loro indennità del mese corrente, a favore della gestione dell’emergenza. Pensate che ci sono stati politici in Lombardia che, fino a due settimane fa, andavano tranquillamente a fare gli aperi-cena sui navigli, sostenendo la necessità che la città non si fermasse. Pensate che a qualcuno di questi signori è stato fatto il tampone al primo sospetto di mal di gola, mentre non è stato praticato agli operatori sanitari, probabilmente perché metterli in malattia sarebbe stato un problema.
Un commento a parte merita l’analisi dei dati statistici: ad un esame superficiale sembrerebbe che la mortalità italiana sia 10 volte superiore quella di altri Stati, come la Germania: qualcuno più accorto ha fatto giustamente notare che la percentuale dei morti andrebbe fatta sul numero effettivo dei contagiati. Se, però, non vengono fatti i tamponi su ampia scala – perché mancano i reagenti – non è possibile fare una stima precisa e soprattutto la percentuale è falsa. Attualmente in Italia i tamponi vengono effettuati solo a chi giunge in ospedale. In Germania vengono fatti a tutti: il risultato è, attualmente, pur con un ampio numero di contagi, una percentuale di decessi nettamente inferiore.
In sintesi, una serie infinita di errori – pregressi e attuali – incide in maniera importante su ciò che stiamo vivendo e sulla singolarità dell’esperienza italiana. Renzo Arbore avrebbe detto: “Mediate gente, meditate…”.
Massimo Conocchia