Acri, 21 marzo 2020. Stare a casa.
Le previsioni meteorologiche non facevano prevedere niente di buono. Forse ci sarebbero stati dei giorni di piogge. “Finalmente!” avranno pensato gli agricoltori, che li aspettavano da tanto per i loro campi. Con la pioggia, si sarebbero rimpinguate le falde acquifere e il seminato avrebbe ripreso subito vigore.
Ma anche l’erba selvatica si sarebbe innalzata dal suolo e avrebbe creato un prato rigoglioso e omogeneo. Avrebbe anche nascosto tutto quello che adesso appariva alla vista. Anche i rami provenienti dalla potatura dei meli e degli ulivi, lasciati intorno ai loro tronchi.
Negli anni scorsi avevo faticato a raccoglierli per favorire l’aratura di tarda primavera. Bisognava, allora, che li raccogliessi prima che i ciuffi d’erba li avessero nascosti o che vi si aggrovigliassero attorno. Stamattina, doveva essere l’ultima giornata solatia per fare la pulizia.
In effetti, per recarmi sul posto avrei dovuto mettermi in auto e raggiungere il fondo a 2 km da casa; lì, una volta chiuso il cancello alle mie spalle, sarei stato in compagnia solo delle gazze e lontano da qualsiasi contatto umano fisico e visivo, udendo solo l’abbaio di qualche cane.
Come potevo stare a casa, accanto la scrivania o impegnato a fare qualche faccenda, potevo continuare ad esserlo anche in campagna. Avrei rispettato ugualmente il “DPCM 11.03.2020, recante ulteriori misure in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”.
Alla seconda rotonda su via Aldo Moro vengo fermato da un agente della Guardia di Finanza, proprio quando mi apprestavo a segnalare il cambio della direzione di marcia. “Dove è diretto?”. “Vado in campagna”. “Ha l’autodichiarazione con sé?”. “Si, gliela mostro. Vado per pulire il terreno dai rami della potatura”. “Non è un lavoro indispensabile. Mi dispiace, deve rientrare a casa”. “Ma è qui, sulla sinistra”. “Non si può, dobbiamo rispettare tutti l’Ordinanza”. E sono rientrato a casa assecondando l’invito (gentile) della Guardia di Finanza.
Poi, un post su FB, mi ha fatto prendere in considerazione l’imponderabile: un fatto accidentale (una caduta sul terreno, una storta, una frattura, ecc.) può esserci dietro qualsiasi azione quotidiana (passeggiata, running, corsetta in bici, ecc.), anche la più ordinaria o la più usuale. Un incidente fisico obbligherebbe a ricorrere dal medico e ad intasare la struttura sanitaria.
Non è questo il momento adatto alle cure mediche, questo è il momento di aiutare l’opera del personale ospedaliero nazionale e sostenere i loro sacrifici con un irrisorio atto per chiunque: stare a casa.
Francesco Foggia