Voglio tornare a essere orgoglioso di sentirmi calabrese e meridionale

Sono stanco di leggere, ovunque, che nel meridione siamo il fanalino di coda, che i calabresi

non riescono a riscattarsi, a cambiare la loro sorte, che siamo ultimi nelle classifiche di qualità della vita, nei dati di crescita economica, dunque i più poveri; di sapere che la nostra pubblica amministrazione è la peggiore d’Italia (forse anche d’Europa), persino la regione con la minore percentuale di persone che si recano a votare, il che vuol dire ultimi anche in civiltà rappresentativa, che la nostra sanità è un disastro al punto da sentire, in momenti come questi frasi del tipo: “speriamo che il virus Covid 19 sfiori appena questa terra, sennò è la fine!”

Non occorre che prosegua nell’elenco di negatività, fatto di inciviltà diffusa, voglio invece riflettere sull’idea che a questalunga serie di problemi, corrispondono altrettante potenzialità, efficienze, intelligenze, presenze. Consta infatti, come una quantità di persone di valore, che è nata è vissuta in questa terra, ogni giorno elabora e realizza, in Calabria, o in qualsiasi altra parte del mondo dove si trova, storie, ricerche, idee, eventi, prodotti, che non hanno nulla a vedere con l’essere ultimi, bensì gareggiano con i primi e le prime!

Va detto quindi, e a chiare lettere, che il problema vero di questa terra risiede in due principali e diversi temi di fondo, il primo è la narrazione che proprio i calabresi -e non solo, ma anche gli altri- fanno della regione, una narrazione sempre negativa, al ribasso, nella quale prevale sempre la descrizione di una società emarginata proprio dai suoi stessi abitanti; perennemente rassegnata, sfiduciata, sconfitta. In questa narrazione, le tante e diffuse storie positive, le personalità di rilievo, che pure ci sono, e tante, hanno un peso ininfluente, come se fossero, in fondo, solo delle eccezioni, schiacciate dalla negatività narrata e ormai introiettata. Così, invece di fare emergere un racconto diverso, nuovo, positivo, anche le esperienze importanti, vengono risucchiate nella voragine delle “anime nere”, per dirla con Gioacchino Criaco.

Il secondo, determinante tema di fondo, è il vero nodo dirimente e riguarda la classe politica calabrese, dagli amministratori fino ai deputati, ed è il nodo, molto più disastroso della classe amministrativa incapace, perché una buona politica costruisce per sé una buona classe dirigente.

I politici calabresi, da almeno trent’anni, sono completamente disinibiti e oserei dire spudoratamente menefreghisti del mandato, bensì interessati a coltivare un tornaconto personale, eletti con meccanismi clientelari, ricatti, promesse, falsità sparate a vanvera, incapaci di avere una sola idea su come cambiare la terra per la quale dovrebbero battersi e migliorare, totalmente dediti a gestiresolo le infinite emergenze, a costruire, tramite l’amministrazione quotidiana a qualsiasi livello, centri di potere, invece di futuri diversi e innovativi per la propria terra.

Così la regione è diventata una polveriera sociale, i giovani scappano, i centri si svuotano, la narrazione negativa di sempre non cambia, ma viene confermata, la politica strabica, miope prosegue nell’essere confermata attraverso personalità di infimo livello culturale e amministrativo, e in tutti i partiti purtroppo!

Questa grande emergenza dovuta al virus, e questo conseguente doversi ripensare ci sta insegnando e dovrà insegnarci ancora altro, ossia che si tratta solo dell’avvio di una trasformazione che le società tutte subiranno inevitabilmente. E allora proprio a partire da questa drammatica crisi, la più grande del dopoguerra, sociale ed economica, oltre che sanitaria, dobbiamo essere noi calabresi, per primi a doverci emancipare, a prenderci di nuovo sul serio e volerci bene, a tornare ad essere orgogliosi di appartenere a questa terra, a liberarci da ogni forma di aiuto salvifico che non verrà mai da nessuno, né da fuori, se non proprio e solo da noi. 

Siamo stanchi, dobbiamo essere stanchi, di essere parte di una popolazione di “protetti” e “disperati” dominati da ceti politici incapaci, burocrazie inette e parassitarie, al contrario bisogna reagire, opporsi e, citando ancora Franco Cassano, “se non si può fare altro, bisogna almeno disturbare i guidatori e togliere loro la presunzione dell’innocenza e della buona coscienza”.

Dobbiamo essere noi protagonisti di una nuova stagione, noi tornare ad essere fieri di essere nati e appartenere a questa terra, a non doverci più vergognare, né subire più l’onta di sentirsi gli ultimi!

Pino Scaglione

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