Il dramma dell’abuso di alcool in Calabria.
L’abuso di alcool in Calabria, ieri come oggi, è un problema concreto e la nostra regione detiene, purtroppo, anche in questo campo, un triste primato. In Calabria, in proporzione, si muore e ci si ammala di più per le conseguenze dell’abuso di alcool. Non è solo delle conseguenze mediche di questa dipendenza che vogliamo parlare oggi ma anche di quelle sociali, altrettanto pesanti.
Rispetto a cinquant’anni fa è profondamente cambiata la tipologia del consumatore abituale. In passato, il frequentatore delle cantine – e in generale dei locali adibiti alla mescita – era l’adulto, con picchi fra la terza e la quinta decade di vita. Le decadi successive facevano registrare un forte calo, in quanto molti dei consumatori non arrivavano vivi a quei traguardi, soprattutto per patologie gastroenteriche come la cirrosi epatica e le cancro-cirrosi.
Chi frequentava le cantine apparteneva in genere ai ceti più bassi, per i quali l’alcool rappresentava la droga a costo più accessibile. Non poche volte ci è capitato di vedere interi nuclei familiari disgregarsi per via dell’alcool. L’etilista, rientrato a casa, sfogava la sua rabbia incontrollabile contro moglie e figli. Nei miei ricordi d’infanzia c’è una famiglia nella quale, tutte le sere, la moglie era costretta a cercare riparo dalle botte e dalle vessazioni per lei e per i figli, che venivano ospitati dai vicini in sistemazioni di fortuna, sottoscala o similari. Situazioni di questo genere non erano infrequenti e la notte, in molte case, portava tutt’altro che consigli. Il giorno dopo ricominciava il rito, che si concludeva, alla sera, con lo stesso drammatico copione.
Il vino era visto come l’unica via di fuga da uno stato esistenziale di difficile definizione, al limite e spesso oltre il limite della disperazione: fame, precarietà, miserie morali e materiali costituivano un fardello troppo pesante da reggere senza un “sostegno”.
Ai giorni nostri la tipologia del consumatore di alcool è profondamente cambiata: il miglioramento delle condizioni di vita e sociali hanno determinato una metamorfosi nell’identikit degli adepti di Bacco. Il dato allarmante è che oggi – non solo in Calabria, ma soprattutto il Calabria – l’abuso di alcool si registra maggiormente nella fascia di età adolescenziale, precisamente tra i 14 e i 18 anni. L’eccesso di vino, e soprattutto di superalcolici, in una fascia di vita in cui l’organismo è ancora in evoluzione, determina pericolose implicazioni non solo organiche ma soprattutto funzionali: l’eccesso di alcool danneggia i neuroni, soprattutto quelli della corteccia cerebrale. Ne consegue che questi ragazzi hanno uno sviluppo psichico e capacità logiche ridotte: hanno deficit di attenzione e concentrazione e le loro capacità cerebrali si interrompono alla fase adolescenziale.
Un discorso simile si registra anche per il tabacco e le droghe cosiddette leggere. Chi si avvicina oggi al fumo lo fa essendo pienamente consapevole dei rischi: quando si compra un pacchetto di sigarette c’è scritto a lettere cubitali che provoca il cancro e che nuoce gravemente alla salute.
Siamo, dunque, di fronte oggi a un eccesso consapevole di alcool e droghe, non per sfuggire ai problemi e alle insidie della vita ma come risposta cosciente a noia e mancanza di interessi. La dipendenza dall’alcool è silenziosa e nascosta, non fa scalpore e non viene più di tanto osteggiata ma miete molte più vittime rispetto ad altre sostanze psicoattive.
L’abuso di tabacco è ancor meno osteggiato, anche perché i governi non intendono rinunciare facilmente agli introiti che derivano dal monopolio di Stato: se questi venissero meno, toccherebbe aumentare ulteriormente il prezzo della benzina, col rischio di diventare ancora più impopolari. Un mese fa ho conosciuto un collega molto vicino a un ex ministro della Sanità, che aveva fatto della lotta contro il fumo una ragione di vita. Appena entrato nella squadra di governo, il ministro della Sanità venne convocato dal collega delle Finanze, il quale gli raccomandò di non dire più una parola contro il fumo. Gli interessi di governo ebbero la meglio sulle ragioni etiche.
Massimo Conocchia