Figure scomparse: ‘U dinarûodu
Il mutamento delle condizioni sociali ha fatto sparire tante figure un tempo comuni. Fra queste vi era ‘u dinarùodu (il linaiuolo), voce riduttiva, perché non lavorava solo il lino, ma, anche, la canapa e la ginestra.
Va precisato che, fino agli inizi degli anni cinquanta del secolo scorso, i corredi e i tessuti li confezionava la tessitùra (tessitrice). Le stoffe prodotte a livello industriale le compravano solo le persone abbienti.
Una fase della lavorazione era eseguita dal linaiuolo o manganatùru.
Una volta raccolto lino, canapa, ginestra; poste a macero e asciugati al sole interveniva l’esecutore della manganatura, ‘u dinarùodu. Questi usava il mangano, un attrezzo in legno così costruito: un pezzo di legno della lunghezza di poco più di un metro, del diametro di circa 20 cm, era scanalato. Era retto da due cavalletti, ai quali il suddetto legno era fissato. Nella scanalatura si collocava un pezzo di legno, opportunamente arrotondato e fissato, con un perno di legno all’estremità aperta. Nella parte opposta terminava con una manopola.
Il linaiulo prendeva a manate le fibre, le sistemava, reggendole con la mano sinistra, e di esse, con la sua macchina, eliminava l’involucro esterno. Il legno snodabile veniva fatto battere sulle fibre e così si frantumava l’involucro che, in parte cadeva per terra,
Ricordo uno di questi artigiani. Abitava in un monolocale a piano terra nel rione Picitti. Noi ragazzi andavano ogni tanto a trovarlo, per proporgli la stessa intervista.
Lo chiamavamo, per farlo affacciare: – Zu’ Dina’! (Zio Leonardo!).
Era noto come Zu’ Dinàrd’ ‘u dinarùodu (Zio Leonardo il linaiolo).
Noi non entravamo in casa, perché era invasa dal fumo acre dei resti delle fibre, che lavorava, bruciati in quell’unica stanza priva di camino.
Lui, Zio Leonardo, usciva come un diavolo dall’Inferno.
Forse gli facevano piacere le nostre visite. Noi chiedevamo, fra l’altro, se credesse nei santi e qualche volta gli portavamo, in forma provocatoria dei santini. Lui, che era stato in America e aveva abbracciata la religione valdese, ci ripeteva, invariabilmente: – Con questi santi io mi ci accendo la pipa -. Questo ci sembrava stranissimo. Sistematicamente ritornavamo, per vedere se, col passare del tempo, Zu’ Dinàrdu avesse cambiato opinione, ma inutilmente.
Al di là di questo il nostro intervistato era, forse, l’unico ad eseguire quel mestiere,dopo pochi anni scomparso.
Giuseppe Abbruzzo