La forza della ragione e la ragione della forza

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La ragione della forza è lo strumento preferito da chi non ha argomenti e non potrebbe reggere al confronto delle tesi e delle idee. Ecco, quindi, che alzando la voce, intimidendo, attaccando subdolamente, si punta a tentare di annichilire l’interlocutore. L’atteggiamento prepotente di chi non è nelle condizioni di reggere un dialogo alla pari, si caratterizza per la predilezione ai monologhi, privi di contraddittorio. Lo scontro nell’arena, quando avviene, si conclude assai spesso in maniera traumatica, ed è per questo che si preferisce evitare il confronto. Nei monologhi, fuori dal terreno di confronto, tutto fila.

“…Il mite non apre mai, lui, il fuoco; e quando lo aprono gli altri, non si lascia bruciare, anche quando non riesce a spegnerlo. Attraversa il fuoco senza bruciarsi, le tempeste dei sentimenti senza alterarsi, mantenendo la propria misura, la propria compostezza, la propria disponibilità…”. Si tratta di un pezzo estrapolato da una conferenza che Norberto Bobbio tenne nel 1983.

Nella vita di tutti i giorni è frequentissimo imbattersi in personaggi intrisi di arroganza, prepotenti e culturalmente votati al tentativo di sopraffazione. Questo atteggiamento presuppone, sempre, una sottovalutazione di chi si ha di fronte e una iperbolica considerazione di sé stessi, quasi mai basata su presupposti reali. Questo habitus mentale porta questi soggetti a presentarsi sui media e sui social come persone di eccezionale valore. Quando questo valore non è supportato dai fatti – e non è, pertanto, universalmente riconosciuto –, scatta il meccanismo dell’autoincensata, che induce a presentarsi per ciò che non si è e non si potrebbe diventare. Contestualmente, tutti gli altri sono visti a un livello inferiore e questo si rivela assai spesso come un errore fatale. La sottovalutazione degli altri porta l’arrogante a misurarsi con sfide assai lontane dalla propria portata: finchè la cosa si svolge a livello teorico, va tutto bene. All’atto pratico, quasi sempre, il protervo è portato a misurarsi con la propria pochezza ed esce sconfitto. Tutto questo, ben lungi dal portarlo a riflettere, lo spinge verso un atteggiamento iracondo verso il mondo, reo di non avere compreso la propria grandezza. Personalmente, ci è capitato nella vita di imbatterci in personaggi del genere: la serie infinita di sconfitte collezionate, li ha portati verso un’aggressività incredibile a dirsi. Ma tant’è! Diventano minacciosi, tentano di intimorire, ma si tratta di un atteggiamento che suscita solo ilarità.

L’arrogante, il protervo, il prepotente si materializza spesso sui media e sui social (senza i quali non potrebbe vivere) per lanciare sermoni, autoincensate e subdoli attacchi. Trasforma ogni battaglia, anche quelle legittime e sacrosante, in un palcoscenico, uno spettacolo per l’ostentazione di sé, salvo poi incrociare la contestazione. Il protervo è allergico alla dialettica, la contestazione gli è indigesta: finchè è lui solo ad apparire, va tutto bene. Quando gli altri si permettono di esercitare il loro sacrosanto diritto di replica, semplicemente evidenziando dati oggettivi, ecco che diventa collerico e tristo. La presenza di un elemento terzo, in grado di decidere, viene accettata nella misura in cui le decisioni di quest’ultimo collimano con i propri interessi, diversamente si lanciano dubbi e invettive, in una singolarissima concezione delle regole del gioco.

  Per restare miti bisogna armarsi di pazienza, sfidare l’incomprensione, abitare frontiere scomodissime, attraversare il fuoco sperando di non restare scottati. Bisogna confrontarsi con gli arroganti, i protervi, i prepotenti che da sempre scambiano i miti per gli arrendevoli, i cedevoli, e non riconoscono che il mite è un combattente fragile ma non molla mai per far avanzare la sua idea di mondo. Alla fine, i miti vincono e i protervi restano da soli a leccarsi le ferite.

Massimo Conocchia

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