Della pagnotta e dei pagnottisti.
Della pagnotta e dei pagnottisti ci siamo occupati più volte, evidenziando come questi vocaboli avessero a che fare con gli italiani di tutti i tempi. Ritorniamo sull’argomento, perché ognuno possa esprimere un giudizio su quanto si riporta e sul “vizietto” atavico.
La cosa strana è che quanti appartengono alla detta schiera gridano a gran voce di volere la meritocrazia. Come ognuno sa questa è in netto contrasto con la pagnotta ad ogni costo, ma tanto vale, i meriti devono dimostrarli gli altri non i pagnottisti.
Ricordiamo a riguardo un episodio antico.
Plutarco riporta che il filosofo Pedareto non era stato prescelto fra i trecento, innalzati in dignità nella sua città. Non sappiamo se convinto o ironicamente il filosofo si diceva contento e felice che la sua patria avesse trecento cittadini migliori di lui.
Le parole e il comportamento di Pedareto saranno sembrate strane perfino a Plutarco, che evidenzia come il filosofo non si arrabbiasse, per vedersi escluso dai pubblici impieghi. Gli sembrò tanto strano e raro da sentire il bisogno di tramandarlo ai posteri.
Ai tempi nostri il comportamento riportato sembra non strano, ma stranissimo!
Un giornale fiorentino del 1863, nel vedere la corsa all’impiego pubblico di coloro che erano denominati pagnottisti, da vari giornali, ironizza, e riporta, dicendosene certo che: “il vocabolo di pagnottista essere stato inventato da qualcuno che non avendo potuto accostare la bocca alla mangiatoia dello Stato, si scagliò con quella parola contro coloro che erano stati più fortunati di lui. Siccome poi coloro che vorrebbero esercitare i denti a quella greppia, oggidì per nostra disgrazia son molti, così il vocabolo ha fatto fortuna tanto che, col tempo, chi sa non debba diventare eredità degli accademici della Crusca!”.
Pietro Fanfani nel Vocabolario dell’uso toscano (Firenze, 1863) accontenta il giornalista e riporta: “PAGNOTTISTA è oramai diventata voce comune a significare Chi si fa grasso stando a concistoro, chi sotto colore di amar l’Italia, uccella solo ad affidi pubblici ed a pubblici guadagni; e chi studia solo di conservarsegli, imbuscherandosi e dell’Italia e d’ogni cosa. Questo sarebbe tema da fermarcisi un po’ su, ma i pagnottisti son troppi, e ci sarebbe da trovarsi a brutti complimenti”.
Guai, però, ad appellare così questi tali, come accenna Fanfani.
Un esempio non guasta. Il pepe buono, giornale fiorentino, nel 1862 usò quel vocabolo nei confronti del direttore dall’altro giornale Lo zenzero. Ovviamente un redattore si scaglia contro. Il pepe buono e risponde: “Ti debbo due risposte; una a te direttamente, l’altra al tuo Tipografo e Direttore Generale Capitano Emilio Torelli.
Farò una risposta sola: sarà tempo e fatica risparmiata.
Il tuo Capitano va per le furie, perché nel primo numero parlammo di gente che ci avea offerto di comprarti, e accennammo a tale che ora urla contro i pagnottisti, perché non avea ottenuto gli arretrati di un certo impiego dal 1849 al 1859.
Il tuo Capitano ha la coda di paglia. Parlammo in genere, ed ecco che egli scappa fuori, e dice che le nostre parole alludevano a lui.
Benone! Gallina che canta è segno che ha fatto l’uovo”.
L’articolista riporta come il Capitano fosse un pagnottista.
Va detto, però, che nel 1855 il corrispondente de, La Civiltà Cattolica, da uno dei cantoni svizzeri diceva pagnottisti, quelli che parteggiavano per il governo, nel tentativo di ingraziarselo.
Il pagnottismo, perciò, non è solo italiano, ma, a quanto sembra è universale.
… Sentir… e meditar; di poco
Esser contento; da la meta mai
Non torcer gli occhi; conservar la mano
Pura, e la mente; de le umane cose
Tanto sperimentar, quanto ti basti
Per non curarle; non ti far mai servo;
Non far tregua coi vili; il Santo Vero
Mai non tradir; né proferir mai verbo
Che plauda al vizio, o la virtù derida…
I versi riportati vera filosofia di vita sono di Alessandro Manzoni: A Giulia Beccaria, Versi, in morte di Carlo Imbonati.
La Beccaria era la madre di Manzoni
Giuseppe Abbruzzo