Il paradosso della crescita edilizia: abusivismo contro civiltà.

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Le case abusive al sud, ormai in diverse occasione ufficiali “condonate”, rappresentano una deprivazione di suolo, di paesaggio, di violenza verso la natura, in sintesi di bellezza sottratta.

L’abusivismo di per se è una mancanza totale di rispetto delle minime regole urbanistico-costruttive, che si traduce in una forma di inciviltà collettiva. L’abusivismo è una “violenza” verso la società nel sottrarre spazi che potrebbero essere destinati a luoghi collettivi e pubblici, oppure lasciati nel loro stato naturale originale. 

L’agire in forme spontanee, irrispettose delle direttive pubbliche della crescita urbana, ridurre l’apporto significativo del progettista, che non solo garantisce requisiti edilizi e costruttivi accettabili, ma diventa responsabile verso terzi di ogni manchevolezza, è una forma diffusa, costante, dannosa di mancanza di senso civico.

Al sud il fenomeno, come per altre attività, ha assunto dimensioni macroscopiche: da indagini recenti del Cresme e di Legambiente, siamo a livelli paradossali e il panorama che emerge, e che appare tutt’altro che rassicurante, è confermato da dati dell’Istat, che delinea un’Italia divisa in tre. Nel 2015 l’abusivismo edilizio ha raggiunto il 47,3% del patrimonio immobiliare al Sud, mentre nelle regioni del Centro si è “fermato” al 18,9% e al Nord al 6,7%. 

Guardando nel dettaglio il periodo che va dal 2005 al 2015, si osserva come al Sud il dato non sia mai sceso al di sotto del 24%, il che vuol dire che l’attività di tipo spontaneo, ossia fuori da qualsiasi minima regola, è proseguita malgrado la crisi edilizia perdurante.

Non a caso, come purtroppo risulta dai numeri, le regioni con il più alto tasso di abusivismo edilizio sono la Calabria con il 46,5%, l’Abruzzo con il 45,8%, e la Sicilia con un tondo 40%, ma la Campania si conferma come regione più esposta al problema, con una incidenza del 50,6, e secondo le fonti della Procura della Repubblica, addirittura a Napoli il 62% degli immobili è stato realizzato abusivamente. È fin troppo evidente che questa ennesima forma di inciviltà diffusa, e praticata con regolare assiduità, nonché tollerata da buona parte delle pubbliche amministrazioni dedite ai controlli (inesistenti), con il mancato rispetto delle norme, non sia solo un illecito, ma costituisce una forma estesa e diffusa di rischio per l’incolumità propria e altrui. Il pericolo, costantemente in agguato, che viene esorcizzato con scongiuri e non con fatti e azioni, è che e il mancato rispetto delle norme edilizie e la sequenza infinita di costruzioni precarie, costituiscono un aumento esponenziale di pericolo in caso di sisma, di eventi catastrofici, di fenomeni naturali. Si potrebbero evitare inutili stragi, si potrebbe agire all’indirizzo di una poderosa azione di risanamento, rimettendo in moto anche l’economia in campo edilizio e riconquistando, piano piano, la bellezza perdita dei luoghi. Ma occorre prendere atto con amarezza che gli abusi continuano, e non solo rimangono in piedi, ma si perpetuano nel tempo e forse in questo caso possiamo senza dubbio sostenere che alla inciviltà del singolo si associa quella delle comunità distratte, e delle pubbliche amministrazioni che dimenticano azioni mirate, incentivi, leggi specifiche per fermare il fenomeno, o almeno arginarlo.

Pino Scaglione

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