Così era la Sila nel 1700.
Acri porta della Sila, così titolavamo su “Confronto”, presentando Acri in un numero dedicato allo sport. Successivamente, come spesso ci è capitato di sentire e constatare, qualcuno ha sostenuto di aver coniato quell’espressione.
Non vogliamo rivendicare primogeniture, ma presentare qualcosa che ci appartiene: La Sila.
Viene da chiedersi: – La Sila è stata sempre come la vediamo oggi o si presentava diversamente?-.
Anni fa suggerivamo al prof. Vanzetti, che doveva elaborare una mappa dei siti archeologici del territorio, per incarico dell’ACRA (Associazione Culturale Ricerca Acheologica), di fare una visita in Sila, perché ritenevamo che i Greci vi avessero messo piede, essendo già “colonizzata” da civiltà precedenti. La sorpresa fu la scoperta di insediamenti neolitici, che avvaloravano e provavano la nostra ipotesi.
Il clima silano, però, doveva essere diverso da quello attuale. Saremmo potuti andare lontano, per dimostrarlo. Nel corso di alcune ricerche, però, ci siamo imbattuti in una pubblicazione postuma di Giuseppe Zurlo, il quale presenta la Sila nel 1790. La parte che si riporterà di seguito ci interessa da vicino e farà piacere conoscerla ai nostri “25 lettori”.
“Sotto nome generico di Regia Sila – si legge – s’intende ordinariamente un vasto comprensorio di terra tra le due Calabrie, la maggior parte in Calabria Citra, e la minore in Calabria Ultra”.
Apponiamo una noticina, per quanti non hanno dimestichezza con queste denominazioni. Calabria Citra o Citeriore era, pressappoco l’attuale provincia di Cosenza. La Calabria Ulteriore comprendeva il resto della regione. Successivamente, quest’ultima fu divisa in Calabria Ultra I (provincia di Catanzaro) e Ultra II (provincia di Reggio C.).
“Per una singolarità sorprendente – continua Zurlo – l’elevate montagne, che vi si distinguono, sono una certa divisione fabbricata dalla natura tra le due opposte stagioni dell’inverno e dell’estate, non conoscendosi in tal luogo né la primavera, né l’autunno. La stagione de’ bei giorni vi ha cortissima durata, perché comincia dopo il mese di giugno, ed a guisa della terra situata sotto i Tropici quella delle nevi succede dopo la metà di settembre. Da quella parte dell’anno in poi le nubi tirate dal sole dal grembo de’ due mari Jonio verso Levante, e Tirreno verso Ponente, e spinte con violenza da venti contro le montagne medesime, si aprono e si sciolgono in piogge accompagnate da frequenti tempeste, in guisa, che dopo le prime acque si veggono subito per la rigidezza del clima ricoperte di neve. Quindi formansi i torrenti, che precipitando da’ colli ingrossano i fiumi, ed inondano le vaste campagne. Tutto allora si ricuopre di tenebre umide, profonde e dense. Il giorno istesso vi rimane oscurato da’ più neri vapori: ma questa così nuvolosa stagione è simile all’Abisso, che copriva i giorni del Mondo avanti la creazione della luce: allora appunto quella specie di grano, che si distingue col nome di germano ha l’alimento analogo onde perviene alla sua perfezione”.
Ai tempi nostri il clima è completamente diverso e la Sila si presenta nell’aspetto che tutti conoscono. Alla descrizione polare il nostro autore fa seguire il risveglio della natura:
“Al grano succede l’erba, la quale unita coll’altra, che nasce ne’ luoghi saldi, produce la ricchezza de’ pastori, che vi conducono i loro armenti allorché l’estate sostiene il suo carattere in questa regione, che senza nube alcuna, come un superbo anfiteatro vien riscaldata dalli raggi dell’astro del giorno, il quale fra la massa enorme delle sue montagne, e l’immensità del suo orizzonte signoreggia ne’ solitarj orrori, e vi si mostra con tutta la sua magnifica pompa”.
Giuseppe Abbruzzo