Dal profumo dei fiori di castagno alle discariche.


E’ un obbligo, in una situazione di crisi come quella che viviamo, riflettere su quale società e civiltà abbiamo costruito in questi ultimi cinquant’anni!

Non credo di essere il solo a ricordare le passeggiate lungo la via della Caccia, ad Acri, quando iniziava la fioritura dei castagni e delle ginestre, da maggio in poi, e non credo di essere unico nel ricordare i profumi che emanavano e stordivano queste piante, lasciandoci percepire una forte presenza della natura, fatta anche di gratificazioni olfattive, oltre che visive e di gusto.

La spazzatura non era un problema sia perché contenuta, sia perché ancora molto presente la traccia viva della civiltà contadina che garantiva il riciclo di molte cose, incluso il cibo che avanzava; la plastica si affacciava appena nelle nostre vite ed era perlopiù nei prodotti per la casa di uso quotidiano.

Oggi una famiglia di quattro persone, dalla prima colazione, fino alla cena, riempie quasi tre metà di contenitori di rifiuti, che vanno -nei casi della raccolta differenziata- da materiali vari, alle plastiche, agli involucri di vari tipo, le carte, l’organico, il vetro, l’alluminio, i metalli e via di seguito, con una produzione di questi scarti che invece di diminuire, anche dentro le nostre abitudini, oltre che nelle imposizioni del modello consumistico, tende a crescere esponenzialmente.

Pensiamo di poter durare a lungo in questo modo? Quanto tempo ancora la terra potrà accogliere questo enorme immondezzaio? Gli scienziati ci hanno avvisato da molto tempo, ma noi preferiamo far finta di nulla, e persino Papa Francesco ha scritto, pochi anni fa, e divulgato la bellissima Encliclica “Laudato sii”, in cui esorta tutti, i cattolici in primis, ad assumere atteggiamenti che rispettino la terra.

Ad Acri abbiamo ospitato, per anni e anni, anche una gigantesca discarica a cielo aperto, dove ognuno, in maniera irresponsabile e incivile, negli anni ha gettato di tutto, e poi per coprire questa immonda vergogna, qualche amministratore ha avuto la geniale idea di “tapparla” e costruire sopra e nei dintorni un parco (si fa per dire!) per stare all’aperto. Nulla si sa del processo eventuale di bonifica a valle e a monte, e sarebbe interessante apprendere se esistano certificazioni che provano il risanamento di eventuali infiltrazioni della falda per via dei rifiuti, o di alterazioni morfologiche e ambientali. Non abbiamo informazioni e non le cerchiamo, ci fidiamo, come se la natura potesse anche in questo caso, magicamente, risanare ferite profonde subite!

Proprio dove era collocata questa discarica (che in realtà non è mai sparita, perchè è sotto lo strato di terreno che la copre!), finiva, con l’icona della Madonna del Pettoruto, la passeggiata nella natura degli acresi, che di solito, in vespa, in 600, proseguivano verso verso il vicinissimo altopiano silano. 

Non credo che i giovani, se avessero potuto scegliere, piuttosto che i fantastici profumi della varietà delle nostre tante piante (oggi malaticce in gran parte), oggi avrebbero optato per le discariche e la spazzatura che ci sommerge; ne è prova che essendosi accorti che qualcuno li ha ingannati e li sta avvelenando, sono tornati a difendere il loro diritto ad una vita sana.

Ad Acri si parla di turismo, di benessere, di qualità della vita, ma mi sembra tutto così falso e ipocrita perché pare che vogliamo distrarci dal vero, dal reale, e non guardare cosa abbiamo prodotto in poco tempo: dimenticati i profumi, abituandoci a vivere con i miasmi maleodoranti dell’inciviltà che avanza!

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2 risposte

  1. Franco ha detto:

    E’vero I miasmi della discarica non sono gradevoli, ma quelli peggiori sono quelli prodotti dalla cattiva politica, non solo locale ma anche regionale.
    E’ quella la prima cosa che andrebbe “bonificata” sul serio, il resto (come il ritorno dei buoni profumi) sara’ una inevitabile, quanto piacevole conseguenza!

  2. Domenico Gallipoli ha detto:

    Ma di che stiamo parlando? Se un popolo, come quello acrese in questo caso, non rispetta minimamente il territorio in cui vive non si può dare colpa alla politica, benché anch’essa espressione del popolo in questione.
    Per l’acritano, fuori dalla porta di casa non è terra di tutti, ma terra di nessuno.
    Negli USA ogni cittadino deve spalare la neve o raccogliere le foglie sul marciapiede davanti casa. Noi, con le mani in tasca, ci lamentiamo perché non lo fa il comune.

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