Leopolda, c’è anche Acri

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“Proporre idee non significa dare ultimatum”. Il trionfo di Matteo Renzi alla Leopolda 10 che assicura: “Non giochiamo a Risiko con il governo”
Dodicimila persone nel primo giorno della kermesse renziana. Altrettanti il giorno seguente e come facile ipotizzare l’apoteosi alla chiusura di domenica, con l’intervento conclusivo dello stesso leader indiscusso.
Battuti tutti i record. E’ l’atto fondativo di Italia viva.

L’ingresso è da rockstar, dal fondo, dal basso, sul ritmo del Lungomare del mondo di Jovanotti, tra scene di sano delirio, di voglia di partecipazione, di voglia di politica vera.

Dieci minuti per attraversare i cento metri della Leopolda, baci, abbracci, pacche sulle spalle, la camicia bianca stazzonata, prima di salire sul palco che s’allunga tra il pubblico col numero 10 stampato grande come Leopolda numero 10, che sono le edizioni, e “Leopolda Ventinove” che è il titolo della kermesse di un popolo, diecimila dentro i padiglioni della vecchia stazione altri duemila/tremila rimasti fuori per motivi di sicurezza, che acclama convinta Matteo Renzi come proprio unico leader. Un ingresso che “spacca” e che sembra fatto apposta per chiudere una giornata che dà speranza ai tanti accorsi da ogni dove d’Italia.
Renzi spacca ma non rompe. E lo dice subito: “Rivendico il diritto di avere e lanciare idee che non vuol dire dare ultimatum. E basta dire che noi faremo cadere il governo: l’abbiamo fatto nascere Noi, due mesi fa, contro tutti e tutto, vorrebbe dire essere folli, schizofrenici farlo cadere adesso, per riconsegnarlo nelle mani della più becera e pericolosa destra d’Europa con a capo Salvini.
Sappiamo tutti chi ha agevolato l’ascesa dell’uomo Papete…
Dovevano fare la guerra al sottoscritto a livello personale e hanno deciso di affossare il referendum del 4/12 perché ho commesso il grave errore di personalizzare una battaglia di civiltà e di rinnovamento per il sistema Italia”

Casa Leopolda
Dicono i renziani rimasti nel Pd e che non mettono piede alla Leopolda indicata come luogo “contaminato” da alcuni dirigenti del Nazareno, che “quest’anno non è la solita Leopolda ma solo l’atto fondativo di un partito che si chiama Italia viva”. Ognuno aggiusta come può un vuoto. O una mancanza. Se ne fregano dei diktat del Nazareno il sindaco Nardella e l’eurodeputata e segretario regionale del Pd Simona Bonafè (“non sono certo qui i nostri nemici”). Dice uno dei quattro quadri che dominano la navata principale della vecchia stazione settecentesca: “Gli inizi hanno un fascino indescrivibile” (Moliere). Tutte le citazioni esposte, quella di Jaubert (“quelli che non ritrattano mai le proprie opinioni amano se stessi più che la verità”) , di JFK (“cambiare è la regola, chi guarda al presente o al passato, perde il futuro”) e il proverbio cinese (“quando soffia il vento del cambiamento c’è chi costruisce ripari, altri i mulini a vento”) raccontano di inizi, ripartenze, futuro. Il team di Lucio Presta ha immaginato il palco come una casa, con tetto e mattoni, un salotto vintage con due divani in pelle e un tavolo di pancali e un giardino con un bellissimo corbezzolo, pianta selvatica che fa bellissimi fiori tutti diversi, e un’altalena. Insomma, un luogo semplice e accogliente. “Cerchiamo di far entrare tutti – dice Renzi preoccupato per quelli rimasti fuori (ieri non era stato ancora montato il maxi schermo) ma come sempre ammiccante anche ad altro – e abbracciamo tutti quelli che hanno detto, specie nell’ultima settimana, che sarebbe stato un flop”.

Tutto pieno alle 17
Tutte le “feste” o i meeting di partiti e movimenti sono in genere un successo. Difficile misurare da qui il successo o meno di un leader o di un progetto politico. Di sicuro la Leopolda ha un suo popolo che si conferma e si rinnova di anno in anno che vede in Matteo Renzi il traino di un movimento in grado di cambiare l’Italia. “Lo stava facendo e l’hanno fermato, al referendum hanno votato a favore o contro la persona e non il progetto di nuova Italia” è un ragionamento ricorrente tra il pubblico che si mette in coda alle 15 (tre ore prima dell’apertura) e ottiene di entrare alle 17, un’ora prima del previsto, ci sono problemi di ordine pubblico. I più sono veterani, fedelissimi, molti sono new entry. Vengono dalla Sicilia al Piemonte (“a nostra spese” precisano) e chiedono cinque cose: andare avanti con la costruzione del partito “anche per avere riferimenti sul territorio”, di non fare sconti al governo giallorosso, di iniziare a contarsi (“deve fare le liste per le regionali, dobbiamo iniziare a contarci”) ma guai se fa cadere il governo che però deve pungolare, stimolare, che si occupi dei poveri ma anche della crescita, di semplificare il paese e che corregga alcuni obbrobri del governo gialloverde, e il già obbrobrio di tutti è Quota 100. Una galleria di volti e di voci. C’è Pino Cardente, “segretario uscente del Circolo Pd di Boville, dove una volta stavano le Frattocchie”: è passato a Italia viva perchè “il. Pd è rimasto ingabbiato dalle correnti e non può più esprimere la sua forza propulsiva. Così fu per Veltroni e così è stato per Renzi”.

Dalla Sicilia al Piemonte
C’è Adelmo Marrocchella di San Nicandro Garganico in provincia di Foggia. Non ha dubbi: “Italia viva deve presentarsi a tutti gli appuntamenti elettorali. Mi chiedo cosa stia facendo ancora nel Pd uno come il senatore Dario Stefano…”. Alfio Rapisarda da Catania vede “la luce”: “Sono un liberale che non ha mai votato a destra e non sapevo cosa votare. Questa cosa Renzi doveva farla prima ma guai se ora provoca la crisi di governo, deve stare lì e correggere quello che c’è da correggere”. E’ una galleria di voci e persone che vogliono partecipare e contare. Molti delusi dal Pd. Molti che non avevano nulla e vogliono provare ad impegnarsi, vogliono iscriversi.
Come Massimo Castria da Taranto (“Renzi deve fare le liste, questo treno ormai è partito e non può più franosi in stazione”. E come Salvatore Condipodaro Marchetta che viva a Magliano in Toscana ed è molto arrabbiato perchè “il mio comune è finito in mano alla destra per colpa di questa sinistra”. E ci sono tante donne: Erna Mariani da Padova che ha staccato col Pd – e non è stato facile – arrivata qui col marito “che è sempre stato Forza Italia e forse adesso l’ho convinto”; Flora Alfero da Torino, Marilena Giordano da Cuneo, Gabriella Spigoli da Bivoli. Tutte si chiedono, tra le altre cose: “Ma perchè ce l’hanno tanto con Renzi, ogni cosa pare che sia colpa sua…”. Questo, come gli altri, è un popolo che chiede rispetto e che vuole contare.

L’Italia del 2029
Dalle 20 e 40 a mezzanotte migliaia di persone, che nel frattempo secondo le regole della casa hanno anche cenato a buffet, stanno lì ad ascoltare tutte le voci che dal palco raccontano le loro idee per l’Italia del 2029, quasi che fosse questa, e non prima, la data del ritorno di Renzi al governo. Perchè poi per tutta la giornata questa cosa insegue e ritorna: “La legislatura è blindata ma il governo no…”. Renzi è lapidario sul tema: “Non giochiamo a Risiko e lasciamo perdere gli scenari con i governi, il premier faccia il premier e noi daremo il nostro contributo, anche critico al governo”. E nonostante un lapsus – “…quando andremo a votare nel 2020…- ripete più volte: “Piaccia o no, questa legislatura va avanti fino al 2023”. Certo, si dice a margine del palco, “Conte potrebbe anche smetterla di attaccarlo tutti i giorni, direttamente o per allusioni”. I “big” – come si diceva un tempo – sono pochi perché Italia viva è qualcosa a cui manager e politici si avvicinano con cautela. Non si sa mai. Successo a mani basse per Giachetti, Rosato, Nobili, Del Barba, Boschi, Colaninno e gli altri che “hanno seguito Matteo”. Ma la cosa incredibile è come le persone restino dento la stazione fino a mezzanotte ad ascoltare le idee per l’Italia del futuro, quella del 2029.

Economia circolare e intelligenza artificiale
Si parla di rifiuti come risorsa, di economia circolare e di spreco alimentare con l’onorevole Maria Chiara Gadda e Tommaso Pellegrino, sindaco di Sassano (Campania) dove la raccolta differenziata è al 96%. Ed è stupefacente come alle 23 e 30 Stefano Quintarelli e Paolo Barberis, due dei più preparati creatori di aziende e inventori di prospettive d’innovazione, incantino il pubblico parlando di algoritmi, piattaforme digitali e degli smartphone che ci cambieranno la vita. Quasi un talk show, un confronto di intelligenze e visioni che l’ex presidente del Consiglio si diverte ad animare, estraendo dai cappelli dei due tecnologi idee per il futuro come, francamente, in nessun congresso di partito, fondativo o meno che sia, s’è visto o sentito. Quintarelli, che è stato deputato di Scelta Civica, è convinto che servano regole che riportino concorrenza vera dove ora prevalgono gli Over the Top. Barberis pensa a soluzioni che siano conseguenze dello sviluppo naturale del mondo digitale. Renzi sintetizza: “Dal nostro smartphone dobbiamo poter sbrigare tutta la burocrazia che ci porta via la vita…”

Acri c’è, è presente e vuole tornare anch’essa a rappresentare a pieno titolo Acri viva, nel panorama politico nazionale, regionale e locale con un ritorno al futuro. Con una presenza massiccia ha garantito in questa kermesse anche la partecipazione attiva al tavolo tematico “Sud, idee e proposte da cui far ripartire un intero paese a cui erano presenti anche l’ex ministro Lanzetta e il sen. Magorno.

Comitato civico – circolo Acri Italia Viva – Ritorno al Futuro

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Una risposta

  1. LANFRANCO ha detto:

    Il treno è partito sotto tutti i migliori auspici, la locomotiva ha cominciato ad arrancare decisa, la salita che gli sta davanti, ora sta a noi alimentare con buon legname la caldaia. Cosa c’è di meglio come legname un buon progetto dove la partecipazione, l’entusiasmo di credere nell’azione che si sta portando avanti sia nata dalla discussione tra cittadini, approvandone o correggendone i contenuti in un tavolo appositamente concepito? Dove la conclusione porti soddisfazione di aver fatto un qualcosa per il bene comune e dire “A QUEL TAVOLO C’ERO ANCHIO”
    AD MAJORA

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