Acri del secondo dopoguerra : la figura e l’opera dei fratelli Spezzano

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La foto del giovane Saverio Spezzano, postata sul nostro sito da Antonio Serra, ci fornisce l’occasione per rielaborare un periodo non facile per la nostra città, così come per l’intero Paese. Il 1943, l’Italia usciva dal conflitto mondiale e si apriva una fase di guerra civile, culminata con la Liberazione, il 25 Aprile del 1945.  La ricostruzione del Paese e delle singole realtà non fu facile, meno che mai per le realtà meridionali, quindi anche per Acri. In quel contesto non facile, la gestione del potere fu affidata a uomini di specchiata moralità e rare capacità, in grado di parlare al cuore e alla mente di un popolo che aveva fame e sete, non solo in senso figurato ma materiale. Si trattava di uomini che avevano attraversato la difficile fase del ventennio, temprati alle lotte e determinati a garantire un futuro migliore ai loro figli. Francesco e Saverio Spezzano appartenevano a una delle famiglie più note e benestanti di Acri. Uno dei fratelli, Michele, prematuramente scomparso, fu tra gli organizzatori, ad Acri, del partito socialista.

 Saverio Spezzano, di qualche anno più grande di Francesco, era nato nel 1896 e morì nel 1985. Francesco era nato nel 1903 e morì nel 1976. Saverio fu il primo Sindaco democratico  di Acri dopo la guerra e resse la carica per l’intera consiliatura, quando decise di non ricandidarsi. Fu uno dei pochi a lasciare le casse del Comune in attivo. Fu anche  il primo Consigliere provinciale socialista, eletto nel 1922. A Saverio toccò la difficile e delicata fase della ricostruzione, ereditando un paese che mancava di tutto, dalle fogne alle scuole, alle strade e ai servizi essenziali. Una sua delibera, che obbligava la popolazione ad allacciarsi alla neonata rete fognaria, nel 1946, suscitò una sollevazione popolare e ci volle del bello e del buono per convincere la popolazione ad aderire a questa basilare norma igienica. Saverio, geometra, si iscrisse all’albo dei patrocinatori legali, che gli permetteva di esercitare in penale e civile, pur occupandosi lui solo di penale. Il tutto nacque per potere difendere in pretura,  nel primo dopoguerra, alcuni contadini, rimasti privi di difensore a causa della grave malattia che aveva colpito il fratello Michele e di fronte al rifiuto del giudice di concedere loro un rinvio del processo. Lo faceva il più delle volte gratuitamente e per puro spirito di solidarietà con quel popolo, che tanto amava. Da ragazzo ebbi l’occasione di assistere a una sua “arringa” in pretura: una mia parente era stata denunciata, come la generalità degli abitanti negli anni ’70, per abusivismo edilizio. Saverio concluse chiedendo – e ottenendo – l’assoluzione in quanto i responsabili di quello scempio erano, prima ancora dei cittadini (certamente non immuni), il Sindaco e il vicesindaco, rei di non avere provveduto a dotare Acri di un PRG, ancora oggi da ammodernare. L’oratore concluse chiedendo che, prima dell’imputata, si procedesse a fare arrestare gli amministratori.  Questo per descrivere l’irruenza e l’onestà intellettuale del personaggio. Lo ricordo, da anziano, seduto davanti alla finestra della sua casa, che si affacciava sulla piazzetta di via Filippo Greco, sempre prodigo di consigli e aiuto a chi gliene faceva richiesta.

Francesco Spezzano, avvocato, profuse il suo impegno dentro e fuori la Calabria, divenendo, dapprima, un punto di riferimento dell’antifascismo calabrese, poi artefice della ricostruzione, sempre con uno sguardo attento alle fasce più deboli.  Senatore, eletto nel collegio di Crotone, ininterrottamente dal 1948 al 1968, fu, tra l’altro, Questore del Senato. Amico personale di Fausto Gullo, col quale collaborò per la Riforma agraria, che, nelle intenzioni, voleva trasformare tanti contadini in piccoli proprietari. Sindaco di Acri, fino a quando la legge  pose questa carica incompatibile con quella di Senatore, fu promotore di iniziative volte a dotare Acri di servizi essenziali, tra cui ricordiamo la posa delle prima pietra dell’Ospedale, nel 1965, l’impegno per l’edilizia popolare, la promozione scolastica, la Colonia Varrise, inaugurata agli inizi degli anni ’60, per permettere ai figli del popolo di godere delle vacanze. Francesco Spezzano era intellettuale attento e cultore di storia patria e folklore. Oltre a “Fascismo e antifascismo in Calabria”, scrisse “La lotta politica in Calabria”, “Guida ai dialetti calabresi” e  una preziosa collezione di proverbi calabresi per la Giunti e curò altre edizioni tra cui la prefazione a “Giosafatte Talarico”, noto brigante-galantuomo. Postumo fu pubblicato “Il gergo della malavita in Calabria”.

La Calabria dei fratelli Spezzano era vista come crocevia del bene e del male. In Francesco Spezzano la Calabria si fa metafora di un mondo arcaico e indomito, culla della civiltà mediterranea nel pensiero, nella legislazione, nella poesia, nell’arte e, al tempo stesso, vittima d’irrimediabili calamità naturali e sociali, di un feudalesimo vecchio e nuovo. Negli scritti, perfino nei discorsi ufficiali e qualche trascrizione di comizi che ci è capitata fra le mani, pur se a tratti pervasi da un eccesso di eloquenza, che attraversa in filigrana ogni suo scritto, il Senatore Spezzano si esalta nell’evocare la lunga e gloriosa storia della sua terra per poi ripiegarsi sconsolato quando deve richiamare gli aspetti negativi che, come quelli positivi, non sono pochi né di poco conto: da quelli caratteriali del singolo, a quelli sociali come la povertà e l’emigrazione. Spezzano si sofferma sull’atteggiamento negativo del Nord verso il Sud, riconoscendo, però, in esso, la responsabilità di una classe dirigente meridionale parassitaria e culturalmente modesta. Francesco resterà sempre legatissimo alla sua terra e fortissimi saranno i legami con personaggi di primo piano dell’epoca, da Fausto Gullo, col quale collaborerà, a Carlo Muscetta, a Leonida Repaci, suo grande amico, che vedeva nella calabresità una categoria morale, prima ancora che un’espressione geografica.

Ricordo la folla oceanica ai funerali, celebrati ad Acri nei pressi di Piazza Annunziata. Si trattò, forse, dell’ultima manifestazione di affetto di un popolo verso colui che era sempre stato riconosciuto come leader.

Francesco Spezzano era il solo ad avere l’autorità di far tacere chiunque osasse alzare la voce per gridare alla luna una calabresità tronfia e sbruffona, incapace di proiettarsi al di là del campanile. Era persuaso che il servilismo, l’atavico conformismo, il provincialismo, sarebbero scomparsi solo con un progressivo aumento del livello culturale dei calabresi. Da qui il suo appoggio alla nascita dell’Università a Cosenza, promossa da Giacomo Mancini.

Il patrimonio lasciato dai fratelli Spezzano, in termini politici, potrà anche essere messo in discussione e, se si preferisce, non accettato. Nel nostro agire nessuno di noi è immune da errori o sottovalutazione e, probabilmente, è stato così anche per i personaggi che abbiamo qui analizzato. Ciò che resta, però, fermo e inconfutabile è la grande lezione di umanità, lealtà e di rettitudine, che ci hanno lasciato e che, specie ai giorni nostri, è divenuta merce così  rara da far rimpiangere alcuni interpreti e, fra questi, sicuramente gli Spezzano.

Massimo Conocchia

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