Il Centro per l’Impiego, l’Inps e la politica del carciofo.
La sollecitazione di Stefano Ritacco sul Centro per l’Impiego ci offre il destro per una riflessione allargata anche all’inesorabile declino della nostra comunità, che vede scomparire prestazioni e servizi sul territorio.
Dalla foto che Stefano ci ha inviato si apprende che il Centro per l’Impiego, solo per due giorni a settimana, offre unicamente informazioni. Stesso dicasi per l’Inps.
In sostanza sono solo uno smistamento, rispettivamente a Montalto Uffugo e Cosenza. Eppure ci si è fatti in quattro per trovargli una sistemazione che impedisse ai vertici provinciali e regionali di smantellare questi uffici su Acri. Tutto vano.
Non è una provocazione, ma tenerli così non serve, semplicemente perché sono inutili. Centro per l’Impiego e Inps rappresentano le ultime due foglie di una politica del carciofo che ha inesorabilmente depauperato questa comunità.
Oggi Acri è una città depressa, che va avanti solo di scosse eccezionali, come l’impresa di Antonio Perrellis, per il resto non riesce a vivere serenamente la propria quotidianità. Eppure in città la gente c’è, come dimostrato il bagno di folla di giovedì scorso.
Tocca alla politica invertire la rotta, far sì che queste scosse diventino sempre più frequanti e magari andare dai responsabili del centro per l’Impiego e dell’Inps e spiegare loro che i servizi su Acri non si toccano. Se non fa questo, ha abdicato alla propria funzione.
Non serve nascondere la polvere sotto il tappeto, perché prima o poi lo devi spostare.
E’ un po’ quello che sta accadendo con l’ospedale. Dalla maggioranza e dall’esecutivo comunale l’argomento preferito è: l’ospedale di Acri sta meno peggio di quello vicini. E poi scopri che l’ambulatorio oncologico di San Giovanni in Fiore, a differenza di quello di Acri, è in grado di praticare anche la chemioterapia. E’ inutile, se non dannoso, ammannire ai cittadini che protestano rassicurazioni alle quali neanche gli amministratori credono.
Chi è costretto a ricorrere alle cure in ospedale sa benissimo che la situazione non è quella che gli amministratori descrivono e gli operatori sono costretti a volte a scavare a mani nude. Tutta colpa della politica sanitaria regionale? Forse. Ma dire che altrove si sta peggio, ammesso che sia vero, non ti aiuta ad affrontare di petto e, laddove occorre, a muso duro il problema.
Sindaco, ci dispiace, ma il vento non è affatto cambiato. Almeno non ancora. Mancano tre anni alla fine del suo mandato e ci auguriamo, per il bene di tutti noi, che possa soffiare presto in direzione propizia.
Piero Cirino
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